Steiner: “I nostri risultati? Merito anche di Ferrari e Dallara”
Intervista esclusiva al boss della Haas
Sesta tra i costruttori con un bottino di 22 punti la debuttante Haas si è finora attestata a vera sorpresa del 2016. Competitiva sin dai primi metri invernali salvo qualche problema di affidabilità la VF-16 può essere considerata una scommessa vinta.
Di questo e di molto altro abbiamo parlato in quel di Barcellona con il team principal e mano importante del progetto a stelle e strisce voluto da patron Gene, Gunther Steiner.
Ha iniziato la sua carriera nei motori negli anni ’80 nel WRC, poi è passato alla F1, quindi alla NASCAR e infine è tornato nel Circus. Ha trovato delle differenze tra questi tre mondi?
Assolutamente, ma non perché uno sia meglio o peggio dell’altro. Si parla sempre di macchine da corsa e di gente appassionata, però ad esempio nei rally l’atmosfera è più rilassata, in America invece si corre ogni weekend e ciò nonostante con una pressione non eccessiva, mentre qui si vive tutto con un’intensità senza pari.
Quando era nei rally ha avuto in squadra un pilota come McRae noto per il suo carattere forte e difficile da gestire. In F1 ci si lamenta spesso della presenza di piloti robot. Che idea si è fatto di questa nuova generazione?
Sono arrivato la prima volta qui ad inizio anni ’90 con Eddie Irvine che un po’ era sul tipo di Colin, quindi non ho avvertito un grosso cambiamento! Scherzi a parte non è vero che i corridori moderni non hanno personalità, soltanto non la fanno vedere. Per l’impronta dettata dalle squadre e per l’età. Infatti ormai entrano a 17/18 anni, per cui sono ancora immaturi e forse troppo coccolati dai genitori. In passato non avremmo mai visto un Hunt o un Lauda con mamma e papà in circuito, adesso invece è la prassi. All’inizio comunque ricordo che anche Alonso era timido poi con il tempo ha acquisito sicurezza…
Per la creazione della scuderia, quanto le è stata utile l’esperienza vissuta in Nascar con il Red Bull Team partito da un foglio bianco?
Anche nei traversi avevo cominciato da zero con la M-Sport e la Ford Focus e credo mi abbia aiutato molto. Quando si decide di dare vita ad una cosa del genere è fondamentale avere esperienza poiché più la serie è importante più diventa difficile il compito da affrontare. Penso l’aspetto essenziale in questi casi sia trovare velocemente gente brava, specializzata, competente e indipendente in modo da lasciare alla dirigenza la sola funzione di supervisore.
Quando si parla di voi non si riesce a non menzionare la Ferrari che vi fornisce il motore e buona parte della meccanica, tuttavia si dimentica la rilevanza della Dallara e del suo telaio…
Senza il contributo di Maranello non avremmo ottenuto nulla dato che la tecnologia attuale è troppo sofisticata per consentire di lottare da subito per le posizioni avanzate. Lo stesso vale per l’azienda di Varano, percepita ovunque come un riferimento assoluto di qualità, e motivo per cui abbiamo voluto rivolgerci a loro.
Durante l’inverno avevate manifestato segni di ottimismo, ma vi aspettavate davvero un avvio di mondiale così positivo?
Non a questo livello. L’obiettivo era arrivare in top ten sapendo di avere una base buona, però fare quinti e sesti nelle prime due gare ha superato ogni attesa…
Dall’Australia ad oggi abbiamo assistito a numerosi ko tecnici sulla macchina di Gutierrez. E’ solo la dea bendata che guarda altrove o c’è altro?
Uno dei miei principi cardine è l’uguaglianza, dunque posso assicurare che non c’è alcun favoritismo per Grosjean. Si tratta di mera sfortuna che può essere combattuta soltando lavorando a testa bassa.
E a proposito di Esteban. Quando è approdato nella massima serie è stato considerato uno con la “valigia”. Lei che cosa ne pensa di questa definizione?
Se un giovane ha talento e pure uno sponsor che lo supporta tanto meglio. Significa che è altresì capace di attrarre patrocinatori. Alla fine è qualcosa che esiste da anni, quindi a mio parere parlare di valigie non rende giustizia ai ragazzi. Da lì poi a dire se uno è davvero in grado di fare questo mestiere, non sta a me giudicare.
Infine, secondo lei la mancanza di italiani in F1 potrebbe essere imputata proprio all’assenza di compagnie interessate ad investire?
Come noto la nostra economia non è delle migliori, per cui inserirsi in questo ambiente è diventato più faticoso. Se non sei un mega talento e di conseguenza capace di andare avanti con le tue gambe, è veramente difficile, tuttavia ritengo che a volte basterebbe essere bravi a vendersi…
Chiara Rainis
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