F1 | Da ventesimo a secondo e neanche basta: la colpa di chiamarsi Sebastian Vettel
Sebastian è stato impeccabile in Germania e ha entusiasmato il pubblico, eppure c'è chi ridimensiona la sua gara...
Speriamo che a Budapest Vettel si giri in testacoda o commetta un errore. Così almeno il tiro al bersaglio contro il pilota tedesco tornerebbe ad avere un senso e l’universo troverebbe di nuovo il proprio ordine.
Sono passati quattro giorni dal GP di Germania, e siamo già in pieno clima Ungheria. Eppure c’è qualcosa che mi crea un profondo disagio, un malessere, un senso di perenne ingiustizia. Ma perché Sebastian viene sminuito quando realizza imprese titaniche? Cosa ha fatto di male ad una buona- e spesso anche competente (un’aggravante) – fetta di appassionati? Come si può essere così prevenuti anche dopo una gara nella quale il campione tedesco è stato l’unico dei big, sottolineo l’unico perché anche quel mostro di Verstappen s’è concesso un bel tre e sessanta, a non commettere mezza sbavatura?
Seba è partito a razzo tra nuvoloni d’acqua, sfilando monoposto sotto il diluvio come se fossero birilli. Uno start da paura, eppure passato in secondo piano. Ha costruito una gara intelligentissima, gestendo gomme, monoposto, condizioni avverse, dialogando costantemente con il muretto e dando le indicazioni più giuste. Parola di Binotto. Insomma Sebastian nel caos dell’Hockenheim ha dato un vero e proprio saggio di maestria: guida sul bagnato, lettura della partita, guida su asfalto viscido, sorpassi furiosi sull’asciutto. Qualcosa di molto vicino ad una impresa epica, perché nella moderna F1, – soprattutto quando sguazzi tra monoposto molto veloci lì davanti come Mercedes e Red Bull e in una gara infernale – non è per nulla “normale” partire in fondo al gruppo e chiudere in scia al vincitore.
“E’ stato fortunato”, “Ha approfittato delle safety car”, “Era più lento di Kimi a inizio gara”. I detrattori sono dietro l’angolo, perché Vettel è e non può non essere il pilotino sopravvalutato degli anni Red Bull che ha scalzato altri dal sacro sedile rosso. Ma basta! Sto sulle palle a molti vetteliani perché sono franco di complimenti e piaggerie, più di una volta ho scritto che Sebastian ha attraversato una crisi nera, che non era più lui, che s’era perso. L’obiettività prima di tutto. Ma addirittura sminuirlo e non applaudirlo dopo il GP di Germania no, è troppo. E’ un insulto al motorsport, è un insulto a chi ha planato come un motoscafo sulle acque mentre talenti rossi e grigi (anche il candidato ad essere the GOAT, al secolo Luigi Hamilton) facevano lunghi e piroette.
Sebastian Vettel in Germania è stato impeccabile. Spiritato, concentrato, un’iradiddio che ha esaltato il pubblico che ha risposto a suon di boati ad ogni sorpasso. Qualcosa che a qualsiasi appassionato di F1 avrebbe fatto venire il freddo addosso. Non a chi si è eretto su uno strano piedistallo e ha deciso di bocciare il tedesco a prescindere, così, per il solo fatto che si chiama Sebastian Vettel. E chi lo stima cosa fa? Chi lo ha aspettato con fiducia cosa prova? Gode il doppio. Come una rimonta dal ventesimo al secondo posto. C’est la vie…
Antonino Rendina
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