BMW F1.09: intervista a Christian Klien
Le foto della nuova BMW F1.09
Cosa fa un pilota collaudatore e «terza guida» durante il fine settimana, mentre i suoi compagni di squadra cercano di strappare ogni centesimo di secondo in
pista? Christian Klien, austriaco, 26 anni il prossimo mese di febbraio, abbozza un sorriso e controbatte: «Quanto tempo abbiamo per la risposta? Molti pensano che un test driver se ne stia per tutto il weekend in panciolle sperando che ai titolari venga il mal di pancia. La verita' e' che il weekend di gara oggi prevede una tempistica fitta che solo con tre piloti a tutti gli effetti si riesce a gestirlo bene. Almeno se si prende la cosa sul serio.»
Al proprio ruolo Christian Klien, che al proprio attivo ha gia' tre anni di Formula 1 in veste di pilota titolare, si e' abituato da tempo. «Per me praticamente non fa differenza andare a un Gran Premio per gareggiare o per svolgere il mio compito di test driver per il BMW Sauber F1 Team. Mi alleno con la stessa intensita' e mentalmente devo essere preparato come gli altri due, perché puo' sempre capitare l’imprevisto e a quel punto devi dimostrare di essere un professionista. Subentrare a un collega impreparati o in forma non perfetta puo' diventare un boomerang».
Al momento nella Formula 1 Christian Klien si presenta in quella che lui stesso definisce scherzosamente la «versione 2.0» di se stesso. Dopo altri due anni con la scuderia Red Bull, la «versione 1», si chiude il ciclo dell’esordiente dal grande talento: anni turbolenti in un entourage molto variabile lo fanno maturare rapidamente. A 23 anni, ancora decisamente troppo giovane per andare in pensione, Klien conquista i suoi primi allori come collaudatore per Honda,
quindi passa al BMW Sauber F1 Team nel 2008. «Per i collaudatori i tempi non sono dei migliori», dice senza peli sulla lingua. Il numero delle giornate di test e' severamente limitato. «Ancora qualche anno fa c’erano test driver che potevano girare per trentamila e piú chilometri. Oggi dobbiamo ‘centellinare’
ogni giro. Ragion per cui l’esperienza di chi e' al volante conta ancora di piú, perché ogni chilometro sprecato nei test pesa moltissimo».
Per sviluppare il suo feeling per le gare, nei weekend liberi Christian Klien disputa gare di durata. Nel 2008 debutta nella leggendaria «24 Ore» di Le Mans
salendo subito sul podio, dopo essere stato a tratti in testa alla gara. Un diversivo gradito per mantenersi allenato: «Le gare di durata sono le piú belle
dopo la Formula 1. Nel mio team, per esempio, a Le Mans tra ex e driver ancora in attivita' sono scesi in pista ben otto piloti di Formula 1. È un’esperienza
straordinariamente positiva per mantenere alto il livello dei riflessi. In una ’24 Ore’ ogni macchina percorre seimila chilometri: piú che in Formula 1 in
una stagione intera. Sono molto grato al BMW Sauber F1 Team che mi da' la possibilita' di fare altrove importanti chilometri di gara. È bello che Mario
Theissen non sia contrario al fatto che la sua ‘terza guida’ ogni tanto faccia dai 600 ai 700 sorpassi per gara a velocita' che toccano i 350 km/h».
Ma l’attenzione maggiore e' e rimane concentrata sulla Formula 1. «Lavoro per un top team e ho un compito importante che mi da' grandi soddisfazioni. Ma il
lavoro del pilota ha anche a che fare con le gare e io continuero' ad impegnarmi a fondo per sfruttare le mie chances in Formula 1».
Da bambino sognavi la Formula 1?
Da bambino mi piacevano molti sport: dal calcio allo sci, ho praticato quasi tutti gli sport che si potevano praticare nella regione del Vorarlberg. La scintilla e' scoccata quando avevo otto anni. Nel 1991 a Hockenheim ho incontrato il mio grande «mito», Ayrton Senna. Con mio padre ero riuscito ad entrare nel paddock passando attraverso un buco nel recinto. Appena dentro, ho incrociato Senna. Indossavo una maglietta Harley Davidson e un cappellino del Salzburgring. Ayrton e' venuto dritto verso di me e ha detto a mio padre di fare una foto di noi due. Era molto paziente e probabilmente sapeva leggere nel pensiero, perché non avevamo avuto il coraggio di chiedergli una foto. È stato un incontro che ha mosso molte cose dentro di me. Da quel momento sono diventato un vero appassionato delle corse e poco dopo sono salito sui kart. Per inciso, la foto che mi ritrae insieme ad Ayrton Senna e' ancora appesa in bella evidenza in casa mia.
Il Tuo cammino verso la Formula 1?
All’inizio eravamo completamente… a digiuno, nel senso che non eravamo una famiglia di veri appassionati di automobilismo. Per noi era piú che altro un
passatempo. Alle corse veniva sempre la famiglia al completo con la roulotte. Abbiamo girato tutta l’Europa centrale. Mia madre cucinava, mia sorella giocava
con altre bambine, mio padre inizialmente faceva da meccanico e da ‘patron’ della squadra. Dappertutto i professionisti si presentavano diversamente – con
motorhome e attrezzature costosissime. Dall’altra parte c’era il mio piccolo gruppo dei fai-da-te. Per me era piú che altro un gioco. Ma quando cominciai
a strappare i trofei agli altri, alcuni si fecero seri. A quel punto capii che avevo trovato una cosa che evidentemente sapevo fare bene e che mi divertiva molto. Tra parentesi, tra i fai-da-te visti con sussiego come noi, c’era anche sempre Robert Kubica con la sua famiglia.
Al giorno d’oggi si possono «allevare« i piloti di Formula 1?
Ogni pilota ha bisogno di talento e del supporto giusto al momento giusto. Se non c’e' il talento, ogni supporto e' inutile. Ma molti concorrenti forti di un tempo non sono arrivati neanche vicino alla Formula 1, perché non avevano supporto o avevano il supporto sbagliato. Per alcuni anni ho fatto parte del progetto Red Bull per giovani piloti, nel quale c’era una pressione incredibile. Alla fine sono stato il primo pilota promosso da quel programma alla Formula 1. Di cio' saro' sempre grato a Red Bull. Anche se in seguito le nostre strade si sono divise, con le persone che contano in Red Bull sono tuttora in ottimi rapporti. Adesso la mia nuova famiglia e' il BMW Sauber F1 Team, nel quale mi sento perfettamente integrato e al quale posso offrire la mia esperienza.
Il Tuo rapporto con i compagni di squadra?
Robert ed io, come ho detto, ci conosciamo dai tempi del kart. Abbiamo corso spesso l’uno contro l’altro anche dopo, nella Formula Renault e in Formula 3.
Lui e' sempre stato veloce. Tra noi c’e' molta stima. Ma a differenza del «re del poker« io nel tempo libero preferisco praticare sport veri, per esempio sciare sull’Arlberg. Nick, invece, fa parte del gruppo da molto piú tempo: lui era gia' test driver in Formula 1 quando io e Robert correvamo ancora nei kart. Pero' collaboriamo in maniera molto professionale, e indubbiamente lui ha grande esperienza.
La Formula 1 ha cambiato la Tua vita?
Cerco sempre di tenere i piedi per terra. Di noi del Vorarlberg si dice che siamo gente molto concreta e grandi lavoratori. Ragion per cui non ho mai avuto
problemi con la cosiddetta notorieta'. Approdatoalla Formula 1, in un primo momento e' stato un piccolo choc vedere gente sconosciuta che all’improvviso
mi riconosceva e mi rivolgeva la parola. Per la Formula 1 solo poche settimane prima avevo rinunciato al posto di lavoro come laminatore. È stato un cambiamento abbastanza improvviso. Sostanzialmente cambia lo stile di vita: anziché andare al lavoro in motorino, da allora passo centinaia di ore in aereo per andare a lavorare di qua e di la'. L’importante e' rimanere se stessi. Spero di esserci
riuscito…
Hai mai avuto paura?
Al volante direi di no. Altrimenti non potrei fare questo mestiere. Solo alle volte non mi sento bene quando ho la sensazione di non poter controllare le cose. Gia' da bambino avevo terrore dell’otto volante. Ancor oggi non ci salgo. Salire sulle montagne russe senza poter intervenire di persona… no grazie!
La cosa piú pazza che hai mai fatto?
Piú o meno e' la stessa cosa. Una volta mi sono fatto convincere a salire su un aereo da dimostrazione: Hannes Arch mi ha convinto a salire sul suo aereo
biposto. È stata una situazione al limite. Noi piloti siamo abituati ad essere esposti ad alcuni g, ma passare in looping a testa in giu' un paio di metri sopra il Danubio e' un’altra dimensione. L’importante e' stato tenere dentro la colazione. Non tutti i piloti di Formula 1 ce l’hanno fatta.
BMW Sauber F1
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