Pagelle del Gran Premio d’Italia

Sproloqui a ruota libera dal Tempio della Velocità

Pagelle del Gran Premio d’Italia

Ancora rettilinei, ancora McLaren. Nel tempio della velocità di Monza Lewis Hamilton prosegue la striscia positiva del team di Woking dominando il Gran Premio d’Italia davanti ad uno straordinario Perez e a un superlativo Alonso, che rimonta dalla decima posizione. Ritiri per Butto, Vettel e Webber, la cui corsa verso il mondiale pare compromessa. Al terzo posto in classifica sale Räikkönen, quinto al traguardo. Buona Lettura!

Sebastian Vettel: 8 – La Red Bull quest’anno va a corrente alternata. Nel senso che a volte va, la corrente, a volte no, come domenica. Per via dell’alternatore. Che non alterna più. E che quindi trasforma la corrente in non corrente. E fa fermare la macchina. Vi prego scusateci. E’ che siamo ancora un po’ scossi dalla penalità inflitta al tedesco con le aaaali [spuntate]. Per carità d’iddio, poteva starci. Continuiamo a pensare che l’episodio sia troppo simile a quello dello scorso anno -a posizioni invertite- e che quindi il DT sia eccessivo. E la visione ossessivo-compulsiva dei due replay uno di fila all’altro non ci toglie questo dubbio. Questione di centimetri. E noi, che l’età ci ha trasformato in miopi e rincoglioniti, probabilmente non riusciamo e non riusciremo a cogliere la differenza tra 2011 e 2012. Ma vabbè; come sottolineato da più parti, il risultato, vista l’assenza di corrente di cui sopra, non sarebbe cambiato. Della gara di Seb resta qualche bel sorpasso -tra cui quelli rifilati a Michael Schumacher e Webber- e l’infilone subito proprio da Alonso, due giri dopo il fattaccio. Con una Red Bull che non sta quasi nemmeno in strada. Al di là dello stop, un segnale -per dirla alla Aldo Giovanni e Giacomo- brütto brütto brütto. Scarico.

Mark Webber: 4,5 – Due modi di intendere un weekend complicato. C’è chi sgomita, si sbatte, anche oltre le righe -in senso figurato ma anche concreto in pista- e chi invece pare rassegnato a subire. Come un pugile che capisce che non c’è trippa per gatti contro un avversario grosso il doppio e cattivo ancor di più e decide di tener la guardia alta rinunciando a colpire ma sperando di prenderne il meno possibile. Oddio, se poi vai ad analizzare la sua gara scopri che ha fatto diversi sorpassi, ce ne vengono in mente almeno cinque – d’Ambrosio, Ricciardo, Senna, di Resta e Kobayashi. Ma il tutto serve a riportarlo più o meno alla posizione da cui era scattato, posizione che aveva volgarmente buttato nel vespasiano con uno spunto al via decisamente spuntato. Si ritrova Vettel alle spalle subito dopo il DT di quest’ultimo e viene malamente sverniciato pochi km dopo. Azzarda una strategia ad una sola sosta ma tutto quello che ottiene è un testacoda all’uscita dell’Ascari causa manifesto esaurimento delle coperture che lo costringe al ritiro. Spiace dirlo -oramai conoscete tutti la stima umana e professionale che ho per il cangurone- ma in una gara che poteva essere decisiva soprattutto dal punto di vista nervoso, dà prova di inconsistenza. Il suo mondiale finisce a Monza. Abulico.

Jenson Button: 8,5 – Vero, parte dietro al compagno di squadra. Vero, al via si fa passare anche da Massa. Ma poi replica alla manovra del brasiliano direttamente in pista, senza aspettare cioè di passarlo ai box. E all’esterno, peraltro, con un’infilata decisa e pulita. Una volta secondo si tratta solo di portare la vettura al traguardo, visto che di raggiungere Hamilton non se ne parla e che gli inseguitori paiono lontani. Hai detto poco. La sua McLaren si dimostra d’improvviso astemia, si rifiuta di buttar giù anche una sola ulteriore goccia di benzina e il sistema di alimentazione alza bandiera bianca. Risultato: ritiro dalla gara e -presumibilmente- dalla lotta per il titolo. Lui giustamente sottolinea che tutto può ancora succedere. E c’è da scommettere che tutto farà tranne stendere tappeti rossi a Lewis, pensate per un attimo al botto dello scorso anno in Canada… Ma da sempre Monza è teatro dei primi verdetti stagionali, e ci pare francamente improbabile che JB possa ributtarsi nella mischia. Mai dire mai, certo, però… Assetato.

Lewis Hamilton: 10 – Viene da chiedersi dove sarebbe in classifica ora senza tutte le sfighe ai box patite nella prima parte dell’anno. A conti fatti sia lui che Alonso stanno disputando probabilmente le migliori stagioni in carriera, quantomeno in termini di pilotaggio e consistenza. Lewis, come già detto, in classifica paga però i tanti inconvenienti patiti nei primi appuntamenti. Ma con una McLaren ipervitaminizzata si prende il lusso di portare a casa la terza vittoria stagionale dominando una gara fino a quest’anno stregata. Realizza la pole seppur con un giro imperfetto avvantaggiandosi del problema che ha rallentato Alonso, scatta con disinvoltura dalla prima piazzola in griglia, saluta tutti e scava un solco pressoché incolmabile con chi gli sta dietro. Quando si ritrova Pérez davanti -che non si è ancora fermato- se ne libera in quattr’e quattr’otto. E buon per lui, se avesse perso tempo avrebbe potuto rimpiangerlo nelle ultime fasi di gara. Invece può permettersi di amministrare, seppur con il cuore in gola per timore che possa accedergli quanto successo a JB. E si porta a casa un successo che lo rilancia nel mondiale come avversario numero 1 del principe di Oviedo. Certo, con una McLaren così pare tutto semplice. Ma quando non sbagli nulla il dieci ti spetta di default. Perfetto.

Fernando Alonso: 10 – La fortuna aiuta gli audaci. Audacia significa superare quattro vetture nei primi due giri. Audacia significa avere il sangue freddo di controllare la macchina ai 300 all’ora con due ruote sulla sabbia. Audacia significa riprendere il controllo di se stessi in tempi brevi e riportarsi all’attacco proprio dello stesso avversario che ti ha fatto capire che non ti darà strada così facilmente. Audacia -e intelligenza- significa saper resettare completamente nervi e cervello dopo una qualifica che più deludente non si può, quando sai cioè di poterti giocare la pole e ti capita un guasto nel momento meno opportuno del weekend. Fortuna significa vedere tre rivali per la lotta al titolo che, come i dieci piccoli indiani, si autoeliminano da sé. Vettel senza corrente, Button senza benzina, Webber senza più niente. Ha dunque doppiamente motivo di gioire, Nando, alla fine del weekend Monzese. Primo perché ha dato una dimostrazione di forza strepitosa. Secondo perché dei tre ritirati almeno due paiono oramai fuori dalla lotta per il titolo. E -che ci crediate o no- ha anche un altro motivo, per gioire: l’aver ritrovato un compagno di squadra in grado di togliere punti alla concorrenza. Un’arma in più. Se poi fosse arrivato secondo la festa sarebbe stata ancora più festa, ma contro l’incredibile ritorno di Pérez sarebbe stato improbo fare di più. Supereroico.

Felipe Massa: 8,5 – Fosse un meeting di atletica sarebbe da antidoping. Perché è vero che Monza dal punto di vista del pilotaggio non è il più impegnativo dei circuiti, anzi è una pista dove di solito le differenze tra compagni di squadra si appiattiscono notevolmente. Ma qui stiamo parlando di un pilota che due mesi fa veniva dato per finito e che invece nel Tempio della Velocità rischia di tener dietro nientemeno un certo Alonso. Certo, le circostanze -leggi: il problema di Fernando in qualifica- lo agevolano non poco, ma lui corre bene, non fa errori, balza davanti a Button al via e cerca di resistergli come può. Poi si fa -giustamente- da parte quando il compagno di squadra gli piomba alle spalle, ma tiene onorevolmente il passo finché le gomme non finiscono. E’ a quel punto che arriva Pérez, al quale Felipe non può far altro che dire «prego, messere, si accomodi». Lo stile innanzitutto. Bravo, dunque. Una possibile arma in più per la Ferrari, a patto di mantenere questo stato di forma. Ma poi, a dirla tutta, è vero che Monza è circuito atipico, ma a Spa il brasiliano non si era mica dimostrato poi così fermo… o no? Ispirato.

Michael Schumacher: 9 – La notizia più bella di questo weekend motoristico è senza dubbio il ritorno di Robert Kubica alle competizioni, al Rally Ronde Gomitolo di Lana. Ritorno impreziosito dal fatto che il polacco non si è limitato a correre, ma ha deciso ben di vincerla, la gara. Bene, bravo, bis [speriamo]. Ma, detto questo, va doverosamente sottolineato che se sulla sua strada si fosse trovato Michael Schumacher, difficilmente avrebbe conquistato il primo gradino del podio. Perché quanto a traversi, nel weekend monzese, Michael ha dato lezioni a tutti. La sua Mercedes dopo sette-otto giri scoda come un’anguilla, in uscita di curva ha la trazione che avrebbe un Boeing 747 sul ghiaccio, eppure il coriaceo, vecchio, inossidabile tedesco è lì, a fare a ruotate, ad esibirsi in duelli epopeici, a tentare manovre oltre le leggi della fisica -sempre considerando il materiale a disposizione- che lo portano a finire la gara al sesto posto, ben davanti al compagno di squadra, praticamente negli scarichi di Räikkönen. Un controllo vettura sovrumano. Una grinta non scalfita dalle rughe e dagli anni. Un abbraccio -quello che gli tributa il pubblico italiano- tanto doveroso quanto meritato. L’ultimo degli Highlander. Grazie per ricordarci che “It Ain’t Over ‘til It’s Over“. Mitologico.

Nico Rosberg: 7 – Sbaglia la partenza, rimonta, gioca all’autoscontro con Senna, si mangia le gomme, le cambia, taglia la prima chicane, sorpassa, controsorpassa, si rimangia le gomme, si ferma di nuovo, rimonta, risorpassa. Il tutto per finire dietro a Schumacher. Gara bislacca, figlia di una qualifica così così e di una partenza tutt’altro che esaltante. Ma gagliarda, tutt’altro che passiva o abulica. E per certi versi anche consistente, tutto sommato. Per questo si guadagna la sufficienza, larga. Ma non di più, perché al di là del mero risultato finale è comunque parso complessivamente meno a suo agio rispetto al compagno di squadra, per tutto il weekend. Probabilmente il suo stile di guida pulito mal si adatta a dover remare con una macchina che dopo qualche tornata si ritrova già le gomme finite. Ci può anche stare, per carità. Ma il Fenomeno lo vedi sia quando sfrutta al meglio una macchina perfetta, con fredda abilità da cecchino, sia quando massimizza il potenziale di una ciofeca lottando curva dopo curva con una carriola che non vuole saperne di stare in strada. E in questo, forse, il buon Nico ha ancora qualcosa da imparare. L’attitudine comunque c’è. Punti ne porta a casa. Per cui avanti così, può anche bastare. Timido.

Kimi Räikkönen: 8,5 – E’ incredibile, veramente incredibile. Non ha ancora mai vinto, la vettura si è mediamente dimostrata buona nel corso dell’anno ma mai eccezionale. Eppure è lì, sempre lì. Non butta via niente. Non regala niente. Si prende il terzo posto nel mondiale. E tecnicamente -nel caso in cui dovesse arrivare un’inversione di tendenza dal punto di vista tecnico- potrebbe pensare di giocarsi anche il Titolo. Alla faccia di chi lo dava per perso in qualche damigiana di akvavit finlandese dalle parti di Espoo. Monza è un po’ lo specchio della sua stagione. La sua Lotus come tempi sul giro andrebbe anche bene, ma si dimostra paurosamente lenta in rettilineo. E in una pista come questa diciamo che non è bello sentirsi sverniciabili con facilità irrisoria praticamente da tutti. Ma lui non cede. Emblema della sua attitudine lo splendido controsorpasso rifilato alla Sauber dello scatenato Pérez, in piena rimonta. E’ l’unico ad esserci riuscito, chapeau. Rema e lotta come un pazzo negli ultimi giri e riesce, per un soffio, a conservare il quinto posto tenendo dietro lo scalpitante Michael Schumacher. E con la sua solita flemma chiosa, a fine gara: «pensavo di arrivare sesto o settimo, quinto va più che bene». Un mito assoluto. Teutonico.

Jérôme d’Ambrosio: 7 – Checché ne possiate pensare, merita un rispetto assoluto. Perché nella Formula 1 moderna saltare su una macchina così, a scatola -quasi- chiusa è il modo migliore per fare due cose: danni o figuracce. Lui è fenomenale anche solo ad evitare entrambe le cose. Fa fatica, e si vede, soprattutto all’inizio del weekend. Ma -una volta stabilito un limite di sicurezza- con scrupolosità prova ad abbassarlo giro dopo giro, con pazienza. Del resto se ti chiamano a sostituire uno sfasciamacchine ti verrà pur qualche scrupolo all’idea di fare altrettanto, o no? Le busca -comprensibilmente- in qualifica, ma in gara si difende. Dopo sei giri lo abbandona anche il kers -eggraziarkers!!!!! direbbe l’ineffabile ispettore Nico Giraldi- e quella che era una gara difficile si tramuta in un vero calvario. Prendi la Lotus, che ha velocità di punta basse di suo, toglile pure l’overboost e avrai, come risultato, un mezzo paracarro. Lui compie un solo errore, una piccola escursione fuori pista senza conseguenze, è attento a non far danni e raccoglie un tredicesimo posto che letto freddamente non vi dirà niente ma che, a parer nostro, vale parecchio. Questo si aspettava il team da lui. Intelligente.

Paul di Resta: 7,5 – Visto il potenziale messo in mostra in qualifica, sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa di più. Sapendo che sarebbe stato penalizzato per la sostituzione del cambio, lo scozzese dà tutto e più di tutto nella Q3 strappando un quarto posto in griglia -che poi sarebbe diventato un nono- quasi leggendario. In gara però le cose cambiano. Lo scatto al via non è eccezionale, il ritmo anche, e il degrado delle gomme pure. Lui ci mette del suo facendo a sportellate con Senna, in maniera forse un po’ rude, alla Bud Spencer. Meno male che i commissari hanno occhi solo per le prime posizioni, altrimenti sai che noia. Le cose vanno un po’ meglio nel secondo stint, ma a fine gara non ha più grip e quando le Mercedes gli si fiondano addosso come falchi assetati di sangue non può far altro che arrendersi. Parte nono, insomma, finisce ottavo. Un po’ poco, viste le premesse, ma tutto sommato nemmeno per colpe esclusivamente sue. Certo, se avesse potuto conservare la posizione in griglia oggi magari staremmo parlando di una gara diversa. Mezzo punto in più proprio per il sabato pomeriggio. Blando.

Nico Hülkenberg: 6 – Rompere la vettura nella Q1 non è esattamente il massimo. Un po’ come tirar fuori la macchina buona dal garage la mattina in cui iniziano le ferie per andare al mare e scoprire che si è incrinata la coppa dell’olio e che non è rimasta una goccia di lubrificante nel motore. Parte ultimo, si prodiga in una bella rimonta un po’ macchinosa ma che lo porta fino alla quattordicesima posizione. Tutto sommato nemmeno male, anche se va detto che davanti a lui si erano ritirati in tre. Bello, tra l’altro, il sorpasso a d’Ambrosio. A un certo punto l’Incredibile Hülkenberg -perdonateci, ma non riusciamo a farne a meno- fa segnare addirittura il giro più veloce. Poi la macchina dice basta un’altra volta, ad appena un giro dalla fine, e deve salutare la compagnia. Eccheccazz’, avrà pensato, a questo punto potevi anche farmela finire, ‘sta gara [ovviamente rivolto alla sua Force India]. Ma tant’è. Meglio lui che di Resta, avranno pensato invece al box. Come dargli torto? E soprattutto, in un weekend così iellato… come togliergli la sufficienza? Martoriato.

Kamui Kobayashi: 4,5 – Dicevamo, qualche pagella fa, che Monza è una pista in cui solitamente le differenze tra compagni di team si appiattiscono. Ecco, da casa Sauber arriva l’eccezione che conferma la regola. Sarà questione di strategie diverse, di assetti differenti, di tutto quel che volete. Ma la nuda verità è che, in una gara dall’andamento regolare, tra lui e il compagno di squadra ci sono dieci posizioni dieci di differenza. E dire che si era anche qualificato bene. Invece viene inquadrato solo quando qualcuno lo supera, nell’ordine Alonso, Webber, Michael Schumacher e Rosberg per citarne alcuni. Ammette candidamente di non aver avuto problemi particolari ma al contempo di non essere stato in grado di gestire al meglio le gomme. Come ha invece fatto il suo compagno di squadra. Certo è che ancora una volta le busca sonoramente. Quando c’è da cogliere il piazzamento stellare lui manca sempre all’appuntamento. E non può essere un caso, oramai. Il caso, semmai, sta diventando lui. Che rispetto agli esordi pare in evoluzione, in termini di velocità e -soprattutto- di grinta. Che sia meglio per lui cambiare aria? Sconsolato.

Sergio Pérez: 10 – Oramai è ufficiale. Ha i suoi punti di forza. Ha i suoi punti deboli. Ma se si tratta di amministrare le gomme è un genio assoluto. Vi rinfreschiamo la memoria: Gran Premio d’Australia 2011, un giovane messicano all’esordio stupisce tutti con una gara su una sola sosta andando a conquistare meritatamente i primi punti in carriera. La musica non cambia. La Sauber -l’abbiamo ripetuto fino alla nausea, quest’anno- è vettura potenzialmente da mondiale. Ma va guidata in una certa maniera. E lui si sposa perfettamente con la macchina di James Key. Guida sulle uova per ventinove giri, mantenendo nel contempo un ottimo ritmo. Poi con le gomme medie si scatena e fa letteralmente sfracelli. Passa, nell’ordine, Räikkönen [due volte], Massa e Alonso, girando un secondo e mezzo più veloce di tutti gli altri. Se la gara fosse durata altri cinque giri avrebbe messo anche qualche pulce nell’orecchio di Hamilton. Il tutto senza far danni, sorpassando all’interno, all’esterno, in rettilineo e in curva, ma sempre in maniera pulita. Quando è in giornata ce ne sono pochi che vanno come lui. Se impara a gestire gli eccessi di cui -ancora troppo spesso- è vittima ci sarà da divertirsi. E pensare -ve lo ricordiamo- che è arrivato in F1 grazie ai soldi di Carlos Slim, l’uomo più ricco del mondo, e dunque con l’etichetta di pilota con la valigia. Roba da matti. Fenomeno.

Daniel Ricciardo: 7 – Una sfiga leggendaria. Si difende con le unghie e con i denti con una vettura che è buona ma non buonissima, veloce ma non velocissima, competitiva ma non competitivissima. Webber lo svernicia dopo una manciata di km, ma tiene dietro abbastanza agevolmente d’Ambrosio per parecchi giri. Visto il ritmo non eccezionale la squadra gli inventa una strategia ad una sola sosta per cercare di guadagnare posizioni ai box. E tutto sembra funzionare. A un certo punto va come un treno, passa Senna in scioltezza e si installa comodamente in decima posizione. Considerato che scattava quattordicesimo… più che dignitoso, insomma. Poi al cinquantatreesimo ed ultimo giro, uscendo dalla parabolica, accelera… e la macchina resta lì. Benzina a quanto pare ce n’è ancora, nel serbatoio, ma il motore non ne pesca più. Taglia il traguardo praticamente in folle, ma nel frattempo lo han passato sia Senna che Maldonado. Una beffa atroce, immeritata, che gli vale tutta la comprensione umana di cui siamo capaci. La sorte toglie, la sorte dà. Speriamo gli ridia qualcosa, lo meriterebbe. Macumbato.

Jean-Éric Vergne: sv – Al giro numero otto arriva alla prima variante, frena, la macchina gli parte di culo, sbanda, impenna sui cordoletti e ricade pesantemente a terra con un paio di sospensioni sfasciate. Esce dalla macchina dolorante, con un bel mal di schiena, ma incolume. Non si capacita di come sia potuto succedere. La squadra idem, non sa spiegarsi se si sia trattato di un problema tecnico o di un errore. Come fai a valutarlo? Non ce la sentiamo. Giù massaggi, adesso, che fra due settimane si va a Singapore. Malconcio.

Pastor Maldonado: 7 – Che ci crediate o no, stavolta dei due piloti Williams è il venezuelano quello che corre con il cervello. Pastor, che si porta dietro da Spa il fardello della doppia penalizzazione, scatta dal ventiduesimo posto in griglia ed è autore di una gara accorta, consistente ed intelligente. Contrariamente a quello che ti aspetteresti, in quelle condizioni, il suo muretto sceglie una strategia particolarmente aggressiva sulle due soste di cui la prima dopo appena 14 giri, primo a fermarsi. Lui, che aveva del resto già recuperato tre posizioni solo al via, fa la formichina, tenendosi lontano dai guai ma nel contempo guadagnando posizioni su posizioni giro dopo giro. Non viene praticamente mai inquadrato -fatto anche questo insolito, per lui- e alla fine lo stupore è tanto quando ti accorgi che chiude undicesimo ad appena mezzo secondo dal compagno di squadra. Non porta a casa punti, vero, ma paradossalmente convince molto di più a Monza che in molte altre occasioni. Chissà che non abbia capito come si sta al mondo. Prudente.

Bruno Senna: 6,5 – Che ci crediate o no [aridaje!!!] stavolta il casinista è lui. A prima vista, quantomeno. Diciamo casinista perché di fatto finisce due volte fuori strada mentre impegnato in duelli all’arma bianca. Poi vai a rivederteli, quei duelli, e ti rendi conto che sia Rosberg prima che di Resta poi lo… accompagnano gentilmente fuori dalla sede stradale, facendogli perdere tempo e concentrazione, roba da denuncia al Telefono Azzurro. Onesto e corretto, Bruno, ma forse un po’ ingenuo e generoso. Non diciamo che avrebbe dovuto rispondere a ruotate, per carità, per quello basta e avanza Maldonado, però un pizzico di decisione in più… ma vabbè, fa lo stesso. Una volta passata la phase terribilis della sua corsa -basata su una strategia a una sola sosta- torna padrone di se stesso e cerca di tenere il passo delle vetture che ha attorno. A tre quarti di gara Ricciardo lo passa, una manovra che sembra di fatto buttarlo fuori dalla zona punti. Poi il patatrac, già raccontato prima. La Toro Rosso perde le aaaali e la Williams, proprio sul traguardo, la passa fino a conquistare il decimo posto che vale un punticino. Certo, complessivamente la sua gara è inferiore per consistenza rispetto a quella di Maldonado. Ma gli arriva pur sempre davanti. Per cui la sufficienza ci sta tutta. E se aggiungiamo pure il punticino di cui sopra… Maltrattato.

Heikki Kovalainen: 7 – Dice che è stato un weekend migliore rispetto a quello belga, e non si fa fatica credergli, visti i casini che ha combinato tra le colline delle Ardenne. Una volta chiarito questo, non è che resti molto altro da dire sulla prestazione del biondo di Rovaniemi. Si qualifica dove è logico che si qualifichi, davanti cioè alle altre cinque vetture di serie B del mondiale. Taglia il traguardo esattamente dove deve, ovvero -ancora!!!- davanti alle cinque chicanes mobili di cui sopra. Dice di aver fatto fatica, e possiamo anche credergli. Ma non ne avrà mai fatta quanta ne stiamo facendo noi per cercare di scrivere qualcosa di intelligente sul conto della sua corsa. Passa Vergne al via, e non è una novità. Il francese lo ripassa dopo un giro, e anche questo pare abbastanza scontato. Tutto il resto è -quasi- noia. Noia ordinata, peraltro, pulita. Senza errori, senza cafonate nei doppiaggi, un decimo davanti al compagno di casacca. Arrivo al traguardo in parata, dunque. Una scena che meritava, indubbiamente, un risultato migliore. Ma di più cos’avreste preteso, voi? Massimizzatore.

Vitalij Petrov: 7 – Lasciamo stare che al via lo passano in due. Lasciamo stare che riesce con comodo a riprendersi le posizioni. Lasciamo stare che ha un mezzo contatto con Glock alla prima chicane. Lasciamo stare che stacca di tre decimi Kovalainen nel computo dei giri più veloci. Lasciamo stare l’entusiasmo -francamente fuori luogo- che effonde su tutto e tutti a fine gara. Lasciamo stare tutto, insomma. L’unico dato di fatto veramente significativo è che, dopo 300 e passa km, 53 giri, curve, frenate, ricchi premi e cotillons… taglia il traguardo a un decimo dal compagno di squadra, in parata. Nemmeno fossimo sulla Piazza Rossa ai tempi di Stalin, con le Armate a sfilare l’una attaccata all’altra con il gradevole sottofondo dell’inno nazionale Sovietico e orde di ufficiali gallonati dell’esercito ad ascoltare con la mano sul cuore cantando a squarciagola «Союз нерушимый республик свободных Сплотила навеки Великая Русь». Sì, abbiamo scomodato un’immagine decisamente troppo altisonante. Ma il tutto serve banalmente ad enfatizzare la scelta -oggettivamente non complicata- di dare lo stesso voto alla coppia di piloti della Caterham. Va anche precisato che l’unica gloria, forse, gliel’abbiamo concessa noi evocando la suddetta scena… o no? Compagno Colonnello.

Pedro de la Rosa: 7 – Centesima gara in carriera. Disputarla a Monza dovrebbe fare un certo effetto. Arrivarci a quarantun anni dovrebbe acuirlo, quell’effetto. Festeggiarlo al volante di una HRT… insomma, diciamo che non è esattamente l’anniversario che avrebbe sognato da bambino. E in effetti sembra accusare il contraccolpo, visto che -crediamo per la prima volta in questa stagione ma non ne siamo sicuri- viene addirittura sopravanzato da Karthikeyan in qualifica. E per la prima parte di gara anche, complice uno spunto al via non eccezionale. Poi però riesce a sopravanzarlo ai box e al traguardo lo precederà comodamente di una quindicina di secondi. E, soprattutto, passa sotto la bandiera a scacchi più vicino alla Marussia di Glock che alla HRT di Narain. Queste sì che son soddisfazioni, cavolo. Nelle rare occasioni in cui la regia si è ricordata della presenza delle HRT in pista era veramente inquietante vederle saltare come cavallette sui cordoli e ammirarle sgusciare via dalle due curve di Lesmo come dei serpenti a sonagli. Tanto di cappello per la voglia di lottare, una volta di più. Centenario.

Narain Karthikeyan: 7 – Si ritaglia i suoi scampoli di gloria in qualifica, quando batte il compagno di squadra, e alla prima curva, dove -udite udite- si presenta davanti alle due Marussia. Poi si tocca con Glock, rovina l’ala anteriore e l’impatto gli restituisce una vettura innaturalmente sovrasterzante. Inquietante. Stringe i denti fino alla prima sosta, dove sostituisce il musetto, ma rientra in pista dietro a de la Rosa e lì resta fino alla bandiera a scacchi. Coriaceo, comunque, competitivo e grintoso, per quel poco che il mezzo gli concede. Sempre difficile valutarlo, ma impossibile dargli un voto più basso di de la Rosa. Difficilmente -come Pedro- raggiungerà i 100 gran premi in carriera. Ma di certo potrà raccontare ai nipotini di come, quella volta a Monza, con una HRT è arrivato alla prima chicane con tre macchine dietro. E scusate se è poco. Sognatore.

Timo Glock: 5 – Dopo il duello rusticano con Pic a Spa l’attenzione sua e del team è più che mai focalizzata sul duello franco-tedesco tra i due compagni rivali. Duello che, in quest’occasione, viene a mancare. Perché, da un certo punto in poi, le strade dei due si dividono, con Pic che sale e Timo che scende. Colpa, secondo il tedesco, di un contatto al via con Karthikeyan che danneggia l’aerodinamica della sua Marussia -sai che danno!- e che pregiudica le prestazioni. E in parte è anche vero. Ma non giustifica fino in fondo i quasi trenta secondi rimediati al traguardo rispetto al vicino di garage, che lo ricordiamo è e resta alla sua prima stagione in Formula 1. Ci sbaglieremo, ma una volta di più il problema sembra essere la motivazione. Problema che si riflette nei rapporti con la squadra e, di riflesso, nel dualismo con il compagno di team. Ha bisogno di cambiare aria -chi non ce l’avrebbe, al posto suo? ma vi invitiamo a trovargli una collocazione. Non perché non la meriti, beninteso. Ma come e dove lo piazzereste, voi, il buon Timo? Annoiato.

Charles Pic: 8 – Un raggio di sole squarcia il nero orizzonte sopra il box della Marussia. Un raggio di sole che ha lo sguardo timido e gli occhi chiari di questo giovanotto francese, classe 1990, che a ogni gara mostra progressi e miglioramenti. Stavolta non si limita a battere il ben più esperto Glock, ma sul traguardo gli rifila qualcosa come 30 secondi. Un’infinità. Certo, Timo ha avuto le sue beghe, ma niente che giustifichi un distacco così ampio. La realtà è che Charles ci ha preso gusto, sul serio. Impara in fretta, compie pochi errori, è corretto ed attento in fase di doppiaggio e consistente quando si tratta di martellare sul ritmo di gara. Del resto la differenza sul giro più veloce è limitatissima, segno che entrambe le vetture avevano lo stesso potenziale. E allora bene, bravo, bis. Gli auguriamo di mantenere quest’attitudine positiva e propositiva, di non cadere nella tentazione di strafare e di continuare a fare la spugna, non nel senso di diventare come Kimi ma di continuare ad assorbire e ad imparare. Chi vale vien fuori, sempre. A meno che non sia italiano, ma questa è un’altra -brutta- storia. Entusiasta.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

Motorionline.com è stato selezionato dal nuovo servizio di Google News,
se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre notizie
Seguici qui
Leggi altri articoli in Eventi

Lascia un commento

55 commenti

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati