Pioggia, Safety Car, Sospensioni. Motivazioni e (possibili) rimedi

Pioggia, Safety Car, Sospensioni. Motivazioni e (possibili) rimedi

Il Gran Premio del Canada verrà ricordato, oltre che per le azioni in pista, per i 30 (e più) giri in regime di Safety Car e la sospensione di quasi due ore che ha rischiato, a tratti, di portare alla fine anticipata della corsa.

Negli ultimi anni si sono verificati tre episodi analoghi. In Corea, l’anno scorso, causa tracciato nuovo e non adeguatamente preparato. In Giappone, dove le qualifiche del sabato furono annullate e posticipate alla domenica mattina. E, nel 2009, in Malesia, a Sepang, dove la gara fu dichiarata conclusa anticipatamente con l’assegnazione del 50% del punteggio.

Gran parte del pubblico e degli appassionati contesta questa nuova ‘moda’ delle partenze sotto Safety Car e delle gare ‘congelate’ in nome della sicurezza.

Si fa riferimento agli anni passati, più recenti o più lontani, per accusare questa F1 di non essere più sport per piloti coraggiosi ma una ‘Formula Fighette’, come l’abbiamo ironicamente indicata in qualche precedente articolo.

Spezziamo, quindi, una lancia a favore dei piloti, e cerchiamo di capire perchè ora si rende necessario (forse troppo) adottare certe precauzioni e quali potrebbero essere le alternative per migliorare la situazione.

Parco Chiuso, questo mistero
Come ben sappiamo, l’introduzione del Parco Chiuso ha, di fatto, obbligato le scuderie a non rivedere gli assetti delle monoposto tra le qualifiche del sabato e la gara della domenica.

Questo è un dettaglio molto importante da tenere in considerazione, probabilmente è anzi il punto cardine della questione.

L’assetto da asciutto di una monoposto di Formula 1 è rigidissimo. L’altezza da terra è la minima possibile, per agevolare lo scorrimento dei flussi d’aria verso il diffusore posteriore. Le sospensioni sono tarate con una rigidezza tale che, parole di un tecnico Pirelli che abbiamo incontrato a Montecarlo, ‘le vere sospensioni ormai sono le gomme’. Il che è tutto dire.

L’assetto da bagnato, invece, prevede una maggiore altezza da terra generale della vettura (di qualche centimetro almeno) e un gruppo sospensivo più ‘morbido’ per permettere al pilota di guidare con raggi di curva più progressivi e rischiare il meno possibile effetti di sovrasterzo o sottosterzo. Inoltre, l’assetto da bagnato comporta una maggiore incidenza delle ali per aver più trazione in uscita di curva e grip sull’anteriore. Incidenza, sul posteriore, che aveva per esempio Jenson Button sulla sua Mclaren domenica. Particolare che gli ha permesso di essere molto veloce nelle fasi finali di corsa con un misto di asciutto/umido.

Tornando al Parco Chiuso, il divieto di settare le monoposto per diverse condizioni atmosferiche rende particolarmente complicata la gestione della vettura. A conti fatti, questa è stata la prima modifica regolamentare mirata a creare ‘caos’. Ci spieghiamo: in Canada la pioggia era attesa per la gara di domenica, ma le qualifiche si sono corse sull’asciutto. La Mclaren, il sabato, potrebbe aver pagato il conto di aver girato con una vettura più ‘carica’, puntando alla domenica. E, infatti, le vetture di Woking sull’umido parevano le più veloci (Hamilton era più in palla di Button, fino all’incidente). E’ come giocare un Jolly: giocarsi le qualifiche per sperare che di indovinare il tempo per la gara. Un po’ come conservare un treno di morbide in più per poterlo utilizzare la domenica.

Detto questo è comprensibile come, per impossibilità di apportare setting diversi vista anche l’eliminazione del warm-up (altra inutilità..), guidare una vettura di Formula 1 sull’acqua (e che acqua, quella scesa a Montreal) con un assetto da asciutto diventi praticamente impossibile. Nemmeno una sensibilità da Campioni può essere determinante per non incappare in un errore. L’altezza da terra così ridotta, compensata in minima parte dalle coperture da bagnato Pirelli dotate di una battistrada più alto rispetto a quelle da asciutto, sarebbe stata una garanzia di acquaplaning e uscite di pista, nel caso in cui la gara di domenica non fosse iniziata in regime di Safety Car. Un assetto rigido sul bagnato, inoltre, rende imprevedibili le reazioni della vettura in frenata e in accelerazione, così come in ingresso di curva. E, ultima cosa ma non di minore importanza, ricordiamo come le squadre non avessero mai avuto esperienza con le coperture rain fino a questo GP. Solo nelle libere della Turchia, infatti, erano state utilizzate. Ma, di fatto, queste mescole erano sconosciute per tutti.

Pertanto, considerate le variabili in gioco (pista ‘pericolosa’ vista la mancanza di vie di fuga, assetti da asciutto, gomme rain ‘sconosciute’, pozzanghere che hanno necessitato l’intervento di mezzi esterni) ci sentiamo di giustificare la scelta della direzione gara. A volte il tifo porta a conclusioni affrettate, perchè è facile giudicare dalla poltrona di casa nostra e, soprattutto, la bravura di TUTTI questi piloti è quella di far sembrare facili azioni che per ‘comuni mortali’ sarebbero impossibili da replicare. Sarebbe corretto, quindi, nei confronti di tutti, mettersi nei panni di chi guida rischiando grosso e considerare tutte le attenuanti del caso. Anche se, nello specifico di Montreal, riconosciamo anche noi come sia stata troppo lunga (di 5 o 6 giri almeno) l’attesa per l’ultimo via libera dopo la sospensione. E infatti, via team radio, qualche pilota si è lamentato.

Cosa fare, allora?
Il Parco Chiuso, risalente al 2003, è ormai (o è sempre stata?) una regola inutile. Già la sua introduzione, motivata dall’esigenza di dare un freno alle soluzioni esasperate e differenti utilizzate tra qualifiche e gara, fu contestata ampiamente, ma ora la sua applicazione pare non aver più senso, sempre che ne abbia avuto.

Eliminarlo vorrebbe dire permettere alle scuderie di apportare, come succedeva prima della sua introduzione, tutte quelle modifiche che possono aiutare a migliorare le prestazioni in gara, magari a fronte di una cattiva qualifica. E, in caso di meteo incerto o pioggia in arrivo, dare la possibilità di ‘mettere in sicurezza’ le vetture con un assetto adatto alle condizioni atmosferiche. Il che sarebbe utile per evitare, in parte, i problemi riscontrati domenica.

Altro dettaglio non da poco sarebbe quello di dare il via ai GP sempre nel primo pomeriggio, in barba ai dettami televisivi. Il GP della Malesia 2009 fu sospeso definitivamente anche per motivi di visibilità, visto che si era partiti alle 17 locali anzichè alle 14 usuali, addirittura le 13 come in Canada questa domenica.

Per chi, infine, inneggia agli anni passati in cui si correva sempre e comunque, ricordiamo il Gp d’Australia 1991. Gara sospesa dopo 24 minuti e 14 giri, con assegnazione di punteggio dimezzato, per un diluvio universale sul tracciato di Adelaide.

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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