Pagelle del Gran Premio d’Ungheria

Pagelle del Gran Premio d’Ungheria

Cinque anni dopo la sua prima vittoria in F1, sulla stessa pista, Jenson Button si conferma infallibile in caso di pioggia intermittente e in condizioni a dir poco complicate porta a casa la seconda vittoria stagionale. Alle sue spalle Vettel, che consolida il primato nel Mondiale, e Alonso, autore di una gara gagliarda ma a tratti imprecisa. Solo quarto Hamilton, che sbaglia sia in pista che ai box. Buona lettura!

Sebastian Vettel: 8,5 – Alla fin fine si merita un votone. Un votone perché la sua leadership mondiale esce rafforzata dall’appuntamento ungherese pur essendo la sua gara tutt’altro che perfetta. Parte bene dalla pole ma poi sotto pressione -ancora!!!- commette un errore che gli costa la testa della gara da Hamilton. Subisce anche i sorpassi di Button -in pista- e Alonso -ai box- ma è bravo a riprendersi la posizione dallo spagnolo con una manovra perentoria. Quando torna a piovere compie due escursioni fuori pista che gli fan solo perdere tempo ma non rovinano la vettura, e così di riffa e di raffa -ma neanche tanto- porta a casa un secondo posto che vale più che oro in ottica mondiale. Certo deve ringraziare il muretto che azzecca strategia, ma è anche possibile che la scelta di restar fuori sia stata la sua. Del resto nelle prime fasi di gara il suo ingegnere gli aveva detto «devi essere tu a dirci quando vuoi rientrare», per cui… Spiega che avrebbe potuto vincere, ma al di là di quel che poteva essere quello che è stato è già molto. E scusate il ragionamento contorto. Dice che le altre squadre vanno forte perché copiano la sua Red Bull. A parte che non l’ha disegnata lui, a quanto ci risulta, tutto sommato avrebbe fatto più bella figura a star zitto. Chiacchierone

Mark Webber: 5 – Classifica alla mano il più serio rivale di Vettel per il titolo è proprio l’australiano. Tutto sommato Seb può dormire sonni tranquilli. Perché al di là della scelta di gomme sbagliata -lui a fine gara la definisce stupida- a mancare sono sia la consistenza che la velocità. In qualifica becca sei decimi da Vettel, in gara non punge. Perde due posizioni al via, passa Alonso in pista ma se lo ritrova di nuovo davanti dopo la tornata di pit stop. Quindi il patatrac della doppia sosta aggiuntiva pro-intermedie, passa Massa -chissà che merito, poi- ma deve cedere ad Hamilton, come troppo spesso ultimamente gli accade. Insomma, un quinto posto che non è né carne né pesce. Né soprattutto utile. Si assume signorilmente la responsabilità della scelta delle gomme, ma questo non gli risparmia un votaccio. E recuperare quasi 100 punti a un compagno che va più forte di te ci pare francamente impossibile Quantomeno stanti le condizioni attuali. Spennato.

Lewis Hamilton: 7 – Già immaginiamo -prima ancora di pubblicare i voti- che verremo azzannati alla gola da una parte dei lettori. Ma ci piace pensare anche che una parte, magari esigua, critichi il voto ritenendolo troppo basso. Perché quando un pilota dà spettacolo, letteralmente, fa divertire, fa saltare sul divano, beh allora si merita un affetto e -di conseguenza- una valutazione anche al di là degli errori e al di sopra del risultato. E questa è -in estrema sintesi- la gara di Lewis. Tiene la seconda posizione al via, sorpassa Vettel e se ne va a un ritmo ben superiore. Quindi tiene la posizione fino a quando non commette un errore che sarà poi la causa -parziale- di tutti i mali. Finisce fuori pista e, nel ripartire, compie un mezzo testacoda giudicato pericoloso dai commissari, che gli comminano un drive through. In precedenza un duello semplicemente fantastico con il compagno di casacca Button, le prime gocce di pioggia, la decisione di tentare le intermedie e la sosta ulteriore per rimontare le slick. Rientra in quinta posizione e con una cattiveria che solo lui, attualmente, possiede, ripassa Webber fino al quarto posto. Paga pesantemente l’errore in pista e quello strategico, ma ha dimostrato una volta di più -sempre a parer nostro, sia chiaro- di essere il più in palla dello schieramento, quello con la maggior propensione al rischio e quello con il più sviluppato senso del sorpasso. Ci ha fatto divertire. Non ce la sentiamo di bocciarlo, anzi. E scusate se ci permettiamo un giudizio personale. Oltranzista.

Jenson Button: 9,5 – La mamma è sempre la mamma. I figli so’ piezz’ e core. Non esistono più le mezze stagioni. Ma quando arrivano vince sempre JB. Tenete a mente questi quattro luoghi comuni. E fateci sapere quale ritenete più vero. Oramai abbiamo finito gli aggettivi. E stiamo seriamente pensando di smettere di cercarli. Lui stesso dichiara «Per qualche ragione queste condizioni mi piacciono, non chiedetemi il perchè, ma ha funzionato ancora». Se non lo sa lui, perché dovremmo capirlo noi? E comunque non è solo questione di strategia, di fiuto, di intuito, o -qualcuno penserà- di fortuna. Primo perché se le cose vanno sempre in una certa maniera non è il caso di parlare di casualità. Secondo perché il sorpasso inflitto a Vettel e la lotta con il compagno di squadra non le fai se non hai attributi. Altro che visione di gara. Ci vogliono le palle. E lui, vivaddio, sta dimostrando di averne. Si sta togliendo le sue belle soddisfazioni, certo è indietrissimo in campionato, ma per colpe nemmeno tutte sue – leggi gli ultimi due ritiri per guasti meccanici. Non ha l’istinto del killer in qualifica ma raramentissimamente sbaglia. E alla fine serve anche questo. Trionfa nel circuito dove ottenne la prima vittoria in carriera, in condizioni simili. Oggi ha all’attivo 200 GP -a proposito, un grazie sentito a Gianfranco Mazzoni per avercelo ricordato circa 214 volte- e un titolo mondiale in tasca. E dire che un signore coi capelli bianchi ed esageratamente abbronzato un giorno lo chiamò Paracarro. Chissà che fine ha fatto. Il signore abbronzato, intendiamo. Mezzo voto in meno solo per lo svarione che gli fa perdere la posizione da Hamilton a metà gara. Sherlock Holmes.

Fernando Alonso: 7,5 – Bravo ma non bravissimo. Eccellente ma non eccezionale. Splendido ma non splendente, per dirla alla Rettore. Questo scrivevamo una settimana fa. E questo siamo costretti a ripetere. Nel senso che anche questa volta la gara è positiva, ma infarcita di errorazzi, imprecisioni, sbavature -nemmeno tanto nascoste, a dire il vero- che condizionano il risultato finale. A partire da una partenza -scusate il gioco di parole- che lo spedisce dietro alle due Mercedes. Okay, se ne libera agevolmente, ma un errore lo riporta dietro a Rosberg e deve rifare quasi tutto daccapo. A fine gara -se non andiamo errati- saranno tre i testacoda, in completa solitudine. Un po’ troppi, anche in una gara dall’aderenza tutta da scoprire e tutta al limite. Viene passato da entrambe le Red Bull in pista, si rifà sopravanzando Hamilton ma gli rifinisce dietro a causa dell’ultima escursione a bordo pista. E meno male che il suo drive through gli ridà un posto sul podio. Conti alla mano è il pilota che nelle ultime quattro gare ha raccolto di più, per cui onore al merito per questo, ci mancherebbe. Ma con un po’ d’attenzione in più il terzo posto ungherese poteva essere quantomeno un secondo. Certo, con i se e con i ma è facile parlare, e se si va al limite sbagliare è facile. Ma tre errori francamente ci paiono troppi. Impreciso.

Felipe Massa: 5 – Cosa di meglio, per vanificare la miglior qualifica della stagione, di una partenza che ti spedisce dietro di tre posizioni e di un testacoda che ti manda a sbattere contro le barriere danneggiando l’ala posteriore? Ah, quando si dice il senso della circostanza! Partire con l’handicap forse può funzionare nei videogame, magari nel golf, ma non nella F1 reale. Salta davanti ad Alonso grazie al di lui errore ma gli torna dietro praticamente subito. Resta imbottigliato dietro Michael Schumacher per diversi giri perdendo parecchio tempo, poi lo passa ai box e inizia una teoria di sorpassi -Kobayashi, Alguersuari- che epici di certo non sono. Alla fine di riffa e di raffa si trova quarto ma deve cedere al ritorno di Webber prima e Hamilton poi, accontentandosi del sesto posto. Ultimo dei piloti dei tre top team. Come un po’ troppo spesso accade. Okay, in Ferrari non ci sarà proprio parità di trattamento. Ma è anche vero che correndo così diventa dura togliere punti agli avversari. Queste gare proprio non gli piacciono, ma becca più di un minuto da Alonso, dato che si commenta da solo. Palesemente inutile.

Michael Schumacher: sv – Non c’è niente da fare, l’approccio è sempre lo stesso di quasi vent’anni fa. Al via trova il pertugio giusto, passa le Ferrari e ci prova addirittura con Rosberg sfiorando la collisione. Nel caos dei pit stop riassapora la gioia momentanea della leadership, resiste un giro ad Hamilton e parecchie tornate a Massa, prima che il brasiliano lo superi ai box. Quindi uno strano mezzo testacoda e il successivo ritiro per problemi al cambio indipendenti -pare- dalla piroetta compiuta in pista. Dicevamo dell’attitudine: la grinta è immutata, la velocità non ci è proprio dato saperlo -anche se non siamo al livello Lumacher che molti ingenerosi Soloni vorrebbero atribuirgli- il temperamento è forse ancora più deciso. Bello vederlo sbattersi per resistere a vetture palesemente più veloci della sua Mercedes GP. Avrebbe da insegnare a molti ragazzini, in merito. Preferiamo non valutarlo, ma ci è piaciuto. Scegliete voi il voto. Liberi.

Nico Rosberg: 6 – Se le gare durassero la metà la Mercedes sarebbe in lotta per il mondiale. O quasi. Perdonate l’umile pagellista, certamente incompetente, certamente tardo, di vedute strette, quel che volete. Ma il sottoscritto pur dannandosi l’anima non riesce proprio a capire come mai ogni volta ci sia qualcosa che, da metà gara in poi, spedisca le Frecce -spuntate- d’Argento in fondo al gruppo o quasi. Stavolta sono, in tandem, il degrado eccessivo delle gomme e la strategia azzardata con le intermedie. Azzecca una partenza spettacolare, subisce i sorpassi di Alonso -2 volte- e Massa, poi si ritrova indietro e cerca di recuperare saltando Kobayashi e Sutil e artigliando la zona punti alle spalle di Buemi e Di Resta. Anche stavolta tutto logico. I piloti Mercedes te la raccontano in maniera fatalista, la loro gara, come se fosse inevitabile a un certo punto dover perdere terreno. Una visione quasi Zen, circolare, in cui tutto porta all’arretramento. Verrebbe quasi da chiedergli chi glielo fa fare, viste queste premesse. Ma forse la speranza -che, come ci insegnano i luoghi comuni tanto cari ad ogni scribacchino che si rispetti, è l’ultima a morire- è che un giorno le cose cambino. Giù il cappello di fronte a cotanta fede. Integralista.

Nick Heidfeld: sv – FUOCO E FIAMME! FUOCO E FIAMME! FUOCO E FIAMME! Questo il grido di battaglia della gang del boss Top Dollar nel cult movie Il Corvo. A scanso di equivoci, niente di tutto questo. Ci piaceva solamente dare un tono epico a una scena che non si vedeva da anni in F1, un incendio con tanto di esplosione. Del resto della sua gara sono solo due le cose da ricordare. L’incendio e il tentativo di sorpasso a Kovalainen, fallito miseramente con sontuoso corredo di altre vetture che lo ripassano. Bocciarlo o soprassedere ricordando i fuochi d’artificio della sua Renault? Abbiamo un debole per chi, come noi, ha superato i trent’anni. E preferiamo la seconda scelta. Certo però che finire arrosto in una gara bagnata… Affumicato.

Vitaly Petrov: 5 – Contrariamente al solito è autore di una gara tutto sommato anonima. Il che dimostra che ha ancora qualcosa da imparare sui circuiti lenti, tecnici, che richiedono esperienza. E dire che non si era nemmeno qualificato male. Poi però non è autore della consueta partenza razzo, resta imbottigliato in mezzo al gruppo, e viene inquadrato solo quando è autore di un sorpasso-controsorpasso con Buemi. Viaggia costante ai margini della zona punti fino all’arrivo della pioggia. Con la pista umida è autore di un leggero fuoripista che lo induce a rientrare ai box per montare le intermedie. Un azzardo che anche per lui, ovviamente, non produce nessun effetto positivo, tanto che alla fine deve accontentarsi di un anonimo dodicesimo posto. Quantomeno porta la vettura al traguardo, ma forse sarebbe stato lecito aspettarsi di più, ancorché in condizioni difficili. La stoffa c’è, deve solo accumulare un altro po’ d’esperienza. Truffato.

Rubens Barrichello: 5,5 – «Quando ha cominciato a piovere, ho visto una grande occasione per noi». Parole da profeta illuminato. Di chi ha visto la Luce. Ma invece della luce il buon Rubens ha solo intravisto una quantità di pioggia -ahilui- nettamente superiore a quella reale. E che lo ha malamente illuso. Al punto di prendere la decisione di montare gomme da bagnato, quando bagnata la pista in fondo non era. In precedenza si era fatto notare per una manovra sorpasso-controsorpasso con Kobayashi e per una lotta -esistita solo, a parer nostro, per i commentatori della tv di stato- all’arma bianca con il compagno di squadra Maldonado. A intervalli regolari è risuonato l’eco della battaglia. «Maldonado ha passato Barrichello», «Barrichello ha sopravanzato Maldonado», «Le due Williams in lotta». Ma chissà perché, poi, davvero. Chiude 13mo. Un numero che è tutto un programma, tra l’altro. Fantasmagorico #1.

Pastor Maldonado: 5 – Vale quanto detto per Barrichello. Nel senso che anche lui, convinto di aver visto la Luce, monta le intermedie a fine gara restando fregato dalla poca pioggia. E anche lui lotta con il compagno di casacca senza accorgersene, per lunghe parti di gara. Potenza della telecinesi, con i telecronisti che lo fanno battagliare con la sola forza della mente. In più, a differenza del più esperto compagno di squadra, becca pure un drive through per eccesso di velocità ai box, frutto di un suo errore. Questo gli frutta il mezzo voto in meno rispetto a nonno Rubens. Crescerai, imparerai, cantavano i mai troppo apprezzati Nomadi tanti anni fa. Speriamo che non sia troppo tardi, però. Fantasmagorico #2.

Adrian Sutil: 5,5 – Meriterebbe molto meno di quanto non gli diamo, visto che chiude malamente 14mo con il compagno di squadra nella top ten. Ma la sua gara è rovinata al primo giro da un fuoripista compiuto sul rettilineo opposto a quello dei box. E -anche se le immagini non ci toglieranno mai il dubbio- abbiamo il sospetto che non abbia fatto da solo, ma che lo abbia toccato una Sauber, probabilmente quella di Perez, spedendolo in testacoda e -quindi- in fondo al gruppo. Da lì, pur in una gara strana, di quelle che piacciono a lui -Monaco 2008, per dirne una- fa una fatica terribile a risalire la china. E alla fine, quando torna a piovere, azzarda la carta delle intermedie, che si rivela però un bluff. Pazienza, sarà per la prossima, anche se resta un’occasione buttata. La sufficienza no, perché sarebbe immorale, ma poco meno, nella presunzione d’innocenza. Colpito [da dietro…. e non pensate male].

Paul di Resta: 8 – Finalmente! Finalmente una gara senza intoppi, incidenti, sfighe, errori. E lo scozzese dal nome italianissimo dimostra di saperci fare davvero parecchio, sfoderando una prestazione da veterano in condizioni complicate e critiche. Non ricordiamo un suo sbaglio o un suo svarione. Il che non significa che non ne abbia fatti, beninteso, la memoria del pagellista è quella che è e la regia internazionale anche. Ma il settimo posto finale parla da solo. parte bene e si mette subito davanti a Sutil. Quindi tiene agevolmente ritmo e posizione azzeccando i tempi giusti per le soste e a fine gara passa d’autorità Kobayashi, in crisi di gomme, per un comodo -si fa per dire- settimo posto finale che gli regala punti e tanto ottimismo. Anche qui la stoffa c’è, e si vede. E quando tutto fila per il verso giusto… Adesso deve ripetersi e trovare costanza. Il voto è forse un po’ troppo alto, ma tenete presente che è ancora un rookie. Bentornato.

Kamui Kobayashi: 6 – Anche qui è bello vedere che certe cose non cambiano. Mai. Alla Sauber, poi BMW, poi di nuovo Sauber, sono quindici anni buoni che scelgono sempre la stessa strategia. Quando le cose si mettono male, nel senso che non si sa come evolverà la gara, si sceglie sempre di tener fuori il pilota il più possibile. Palla lunga e pedalare, insomma. E quel che sarà sarà. Per la legge dei grandi numeri ogni tanto deve funzionare. Lo facevano già ai tempi di Heinz-Harald Frentzen e Johnny Herbert, ve li ricordate? E l’allungamento olimpico dello stint va in scena anche all’Hungaroring, con il prode Kamui nei panni del condottiero senza macchia e senza paura. Ma, ahilui, anche senza gomme. Perché l’allungamento -va da sé- è feroce, implacabile. Svizzero. Elastico come un blocco di granito. Hai finito le gomme? Resti fuori lo stesso. E -come si diceva- quel che sarà sarà. Kamui obbedisce. Ed è un disastro. Solo una volta che lo passano Di Resta, Buemi, Rosberg e Alguersuari, il muretto Sauber vede la Luce -ancora!!!- e lo richiama ai box. A quel punto tanto valeva fargli finire la gara sulle tele. Ma tant’è. Chiude undicesimo, ai margini della zona punti. Ma ci fa tanta tanta simpatia. Sgommato.

Sergio Perez: 5 – Vanifica una bella qualifica con un primo giro orribile, dove precipita attorno al ventesimo posto forse toccando -ma ci resta il dubbio- anche Sutil. Interessante e prosaico il commento del messicano sul ritmo tenuto in gara nelle prime fasi. «In quel momento ero più lento delle vetture più lente». Più bianco che più bianco non si può, considerato anche il colore della sua Sauber (che in tedesco, per dirla tutta, significa pulito). Lo stile innanzitutto. Ma vettura immacolata a parte non è che andando avanti le cose siano poi migliorate di tanto. Riesce a passare Kovalainen ma lo fa in regime di bandiere gialle e così si becca pure un drive through. In queste condizioni non ha senso nemmeno tentare l’allungamento di cui sopra. Chiude quattordicesimo, con la sensazione di aver buttato via molto più di un’occasione. Peccato. Vale il discorso fatto per Di Resta: quando tutto fila per il verso giusto il risultato arriva perché la stoffa c’è. Stavolta -evidentemente- non tutto è filato liscio. Dash.

Sebastien Buemi: 8 – Il suo weekend sarebbe compromesso dalla gara precedente, quando rimedia una penalizzazione in griglia -che noi continuiamo a definire poco sensata, ma è una nostra personalissima battaglia contro i mulini a vento- per l’incidente con Heidfeld. Le premesse per una corsa negativa c’erano tutte. E invece lo svizzero decide che quella ungherese deve essere probabilmente la migliore gara in carriera e si inventa una prestazione da urlo. Passa una decina (!!!) di vetture al via, altre 2-3 in pista -bello l’attacco a Petrov, che però poi lo risupera- e si installa in zona punti dopo poche tornate. Quando la pista si asciuga perde terreno, ma alla sosta ai box modifica il carico all’avantreno e la scelta si dimostra vincente. Perché quando arriva il secondo scroscio Sebastien riagguanta Kobayashi e lo passa d’autorità conquistando l’ottavo posto. Che conserverà fino alla fine. Gara di rimonta, tenace, brillante, intelligente, grintosa. Nonostante le premesse ad handicap. What more? Ringalluzzito.

Jaime Alguersuari: 6 – Meno spettacolare del compagno di squadra, fino a un certo punto però anche più consistente. Poi si perde letteralmente in un bicchier d’acqua. Prima un errore in pista, che gli fa perdere tempo, poi il tentativo di sorpasso a Kobayashi cercando di seguire Buemi. L’ottimismo è importante, nella vita aiuta, dà fiducia in se stessi e negli altri. Ma in questo caso è palesemente fuori luogo. E infatti arriva al contatto con il giapponese e si ritrova dietro ad altre vetture. Alla fine ce la fa a riprendere e saltare Kobayashi, ma per un misero -si fa per dire- decimo posto. Risultato accettabilissimo, per carità, ma che resta un po’ stretto, soprattutto se paragonato alla prestazione di Buemi. Si può dare di più, cantava un trio di artisti famosi della canzone italiana. Coraggio!

Jarno Trulli: sv – Ci sono tanti modi per salutare una persona e dirgli “Bentornato!” C’è quello del suo capo, Tony Fernandes, che alla vigilia aveva detto «Siamo felici di tornare a lavorare con Jarno». E te credo, diciamo noi, nonostante i soldi di Chandhok. C’è quello dei suoi ingegneri che gli fanno trovare un nuovo servosterzo costruito sulle sue precise specifiche e che lo entusiasma. E c’è quello della sua vettura. Che, immancabilmente, lo saluta rompendosi. Stavolta è una perdita d’acqua. Che ha comunque più senso di un incendio, in una gara bagnata. Jarno-Nick 1-0. E’ una questione di coerenza. Annegato.

Heikki Kovalainen: 6 – E per la coerenza di cui sopra anche la Lotus di Heikki accusa il medesimo guasto. E poi andategli a dire che non c’è parità di trattamento tra i piloti. La sua è comunque una gara curiosa. Viene inquadrato praticamente solo quando qualcuno cerca di passarlo ed invariabilmente finisce lungo. A un certo punto è diventato divertentissimo. Il pilota si avvicina, attiva il Kers, il DRS, affianca il finlandese, lo passa, imposta la prima curva, finisce lungo e la Lotus torna davanti. E’ successo ad Heidfeld, Maldonado, Perez. A metà tra un muro di gomma, un rito voodoo e un film di Woody Allen. Poi la sopracitata perdita d’acqua lo costringe al ritiro. Ma gli regaliamo la sufficienza perché ci ha fatto veramente ridere. Grandioso.

Daniel Ricciardo: 6,5 – Terzo Gran Premio in F1. Dopo due diciannovesimi posti arriva un diciottesimo. Piccoli piloti crescono. Ma al di là delle battute la sua gara è positiva. In condizioni complicate, al debutto o poco più, non commette errori e tiene dietro due piloti, compreso il compagno di team Liuzzi. Che aveva i suoi problemi, ma che ha un pizzico di esperienza in più. E nonostante questo lo stacca anche nel computo dei giri più veloci. Ci è piaciuto, davvero, soprattutto per l’approccio tranquillo, paziente ma determinato. Tiene il ritmo, non commette errori, non fa danni, è corretto nei doppiaggi. E in più è pure moooolto sponsorizzato dalla Red Bull. Avvicendamento tra australiani? Chissà, lavoriamo di fantasia. Ma senza fretta, lasciamolo crescere. Bravo.

Vitantonio Liuzzi: 5,5 – Okay, partiva con una vettura rabberciata alla meno peggio causa mancanza di pezzi di ricambio. E questo la dice lunga sul clima in squadra. Ma onestamente non ne azzecca una. Sbaglia assetto accusando un sottosterzo bestiale. Sbaglia tempistica dei pit stop, strategia, manda quasi fuori pista Webber durante un doppiaggio, perde un pezzo mentre segue Massa. Insomma, onestamente, un disastro. Mentre il suo compagno cresce, lui arranca. Non ci pare il modo più dignitoso di tirare la carretta. Speriamo non sia una -pur comprensibile- crisi di motivazioni. Sbagliato

Timo Glock: 6 – Per una volta è lui il primo classificato nel Gran Premio riservato ai piloti dei nuovi team. Solo per via del ritiro di Kovalainen, sia chiaro. Ma son comunque soddisfazioni. Anche perché azzecca una gran partenza che lo proietta davanti ad Heidfeld e sull’umido tiene bene il ritmo di vetture potenzialmente -e non solo- ben più veloci. Poi i sogni evaporano come l’acqua sulla pista asciugata dal sole -ammazza…- e pian pianino torna in posizioni più consone al rango della sua Virgin. Il secondo scroscio di pioggia non lo trae in inganno, resta su gomme da asciutto e così raccoglie un discreto 17mo posto. A due giri da chi lo precede, ma fa lo stesso. Di questi tempi pretendere di più sarebbe sleale, amorale, illegale, sadico e anche un po’ bastardo. Ci permettete una piccola annotazione personale? Ci spiace un po’ vederlo giù a fondo classifica. E’ un lottatore, e potrebbe farci divertire ancora. Amen..

Jérôme d’Ambrosio: 4,5 – Il giro di valzer ai box, quando per poco non travolge tutta la sua crew, è da squalifica per oltraggio al Motorsport. Fa il paio con l’entrata ai box di Coulthard a Melbourne nel 1995, quando colpì il muretto e si ritirò. Non ci siamo, ma proprio per niente. Se non ve lo ricordate cliccate QUI. E non è che in precedenza abbia illuminato chissà quanto l’Hungaroring con lampi di classe eccelsa. Certo, anche per lui le attenuanti generiche ci stanno tutte -poca esperienza, macchina ridicola, condizioni difficili- ma c’è modo e modo di portare a termine una gara incolore. Lui sceglie il peggiore. A onor del vero ci ha anche strappato un sorriso, quella sua piroetta, non lo neghiamo. Ma per una volta decidiamo di essere intransigenti. Ballerino.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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