Pagelle del Gran Premio di Monaco

Frizzi, lazzi e cotillon dalle stradine del Principato più veloce del mondo

Pagelle del Gran Premio di Monaco

Sesto vincitore diverso in sei gare. Dalla Roulette monegasca esce fuori il numero 2, quello dell’australiano della Red Bull Mark Webber che domina la gara davanti alla Mercedes di Nico Rosberg e alla Ferrari di Fernando Alonso. Grande equilibrio, con i primi sei al traguardo racchiusi in appena 6 secondi, complice anche la pioggia annunciata, smentita e infine arrivata ma in misura minore rispetto a quanto previsto. E il campionato si fa sempre più avvincente… buona lettura!

Sebastian Vettel: 7,5 – Tutto sommato forse mezzo voto in più se lo meriterebbe anche, per la bravura con cui riesce ad amministrare le gomme in un primo stint di gara interminabile. Però diciamocelo, senza mezzi termini: nel Principato Sebastian raccoglie le briciole e poco più mentre il suo compagno di squadra si ingozza con la più gustosa delle torte. Fa fatica per tutto il weekend a trovare confidenza con la vettura, dalla quale non riesce a tirar fuori il massimo, incasinandosi nelle libere con i vari settaggi e perdendo, alla fine della fiera, più volte la bussola tra il giovedì e il sabato. Al via è fortunato quando evita di un soffio la trottola Grosjean che -per assurdo- gli fa poi addirittura guadagnar posizioni. Quindi come detto la tattica lo fa balzare avanti a Massa e Hamilton. Tirando le fila, se il voto fosse solo per la gara dovrebbe essere più alto. Ma riferendosi all’intero weekend non possiamo essere più generosi di così. Semplicemente non è riuscito a far combaciare tutti i pezzi del puzzle. Capita anche ai bicampioni, a quanto pare. Confuso.

Mark Webber: 10 – La sua prestazione è una carezza sulla carta d’identità di tutti noi ultratrentenni con qualche acciacco qua e là. Il lungagnone di Queanbeyan ci ha ricordato che in condizioni così equilibrate, con almeno 4 scuderie che potevano ambire alla vittoria, vince chi non sbaglia nulla, non solo in gara ma nel weekend. E in questo, vivaddio, l’esperienza conta ancora qualcosa. Ma sbaglieremmo a parlare solo di esperienza. Perché nelle stradine del Principato Mark si trova a suo agio sin dal giovedì, trova subito il feeling con la pista, fa una gran qualifica e in gara è bravissimo a non commettere sbavature soprattutto quando, a 10 giri dalla fine, inizia a scendere una leggera pioggerellina. In questi casi chi è davanti rischia più degli altri, perché non ha riferimenti. Lui invece riferimento irraggiungibile lo diventa per Rosberg e tutti gli altri. Lucido, freddo, grintoso. In una parola: perfetto. Quello che tutti gli altri, in un modo o nell’altro, non sono stati. Il bis monegasco gli vale il massimo dei voti. E se pensiamo a come era arrivato il suo ultimo primo posto, in Brasile qualche mese fa… beh, è proprio vero. Ci son vittorie e Vittorie. Impeccabile.

Jenson Button: 4,5 – Dicevamo che per vincere questa gara occorreva essere perfetti e senza sbavature. Piuttosto che fallire, deve aver pensato il buon JB, meglio nemmeno provarci. In qualifica non pervenuto, letteralmente. In gara al via gli va addosso Kobayashi, a sua volta colpito da Grosjean, e il contatto lo spedisce dietro a Kovalainen. Dove resterà praticamente per tutta la corsa. Si fa fatica a crederci, ma va davvero così. Ci prova 2-3 volte, a saltare davanti al finlandese, ma niente da fare. Alla fine rompe gli indugi ma lo tocca, si gira e quindi viene praticamente fatto ritirare dal team. Un fine settimana o-r-r-i-b-i-l-e. Tanto più se si considera che al giovedì sembrava davvero in palla. E invece è già la seconda volta che toppa clamorosamente in gara. Chissà cosa sta succedendo. Per certo oggi ci ha ricordato Alonso dietro Petrov ad Abu Dhabi 2010, oppure -pescando a caso dalla memoria- Coulthard [che peraltro abbiamo ammirato in splendida forma, a Montecarlo] che cerca disperatamente di passare la Arrows di Bernoldi, sempre a Monaco ma nel 2001. E dire che JB è arrivato in McLaren prendendo proprio il posto di Heikki. Divertente, no?

Lewis Hamilton: 8 – Delle due l’una. O ha davvero studiato le videocassette di Alain Prost e si è convertito sulla via di Damasco -pardon, di Montecarlo- all’attendismo calcolatore del Professore, oppure semplicemente la McLaren a Monaco non ne aveva e questo era quanto di massimo si potesse ottenere. Stando ai fatti verrebbe da credere più alla seconda ipotesi che alla prima. Il risultato in qualifica pare infatti più frutto del suo equilibrismo al volante che dell’effettivo valore della vettura di Woking. Chiedere informazioni a Button, please. In gara si limita a difendere quello che gli viene incontro, ma senza possibilità alcuna di attaccare. Terzo dopo la prima curva, quarto dopo la prima sosta -passato da Alonso- quinto al traguardo, sopravanzato anche da Vettel che allunga indecentemente il primo stint. Corre in difesa anche quando scendono le goccioline di pioggia che di solito lo esaltano, senza azzardare manovre offensive di sorta. Anche qui, vedendo cosa combina il vicino di box, ci viene da pensare che più di così la McLaren non ne avesse. E, allora -se teniamo fede a questa lettura- non possiamo non premiarlo per un risultato, il quinto posto, che lo tiene a galla nella classifica di campionato. Anche se lo zero sulla casella delle vittorie, con sei trionfatori diversi nei primi sei Gran Premi, dovrebbe bruciargli non poco. Perlomeno stavolta non gli combinano casini ai box, ed è già qualcosa. Stopper.

Fernando Alonso: 8,5 – A Montecarlo non si passa. Questo lo sanno anche i muri. Eppure Fernando un sorpasso lo compie, ai box, e gli vale il gradino più basso del podio. Accade alla prima sosta, quando mette assieme un bel giro veloce che gli permette di uscire davanti ad Hamilton. Bravo, dunque, l’asturiano, così come bravo -ma pure fortunato- è al via. Bravo perché lo spunto è al solito eccellente, fortunato perché anche lui si tocca con Grosjean e poi lo sfiora di un nulla quando la Lotus del francese si mette a ballare il valzer in mezzo alla muta imbufalita di monoposto che aggrediscono Sainte Devote. Poteva andargli davvero molto peggio. La sua gara è al solito coriacea, costante, martellante nei tempi e priva di sbavature. Paga un po’ la qualifica, ma tenete presente che la Ferrari non aveva molto di più da dare al sabato. Anzi. Nel finale ha voglia di attaccare, e si vede, ma non riesce a creare le condizioni per avvicinare Rosberg. Anche perché il terzo posto lo mantiene in testa al mondiale. E alzi la mano chi avrebbe pensato ad una Ferrari lassù dopo il Gran Premio d’Australia.

Felipe Massa: 8 – Dai che ce la fai. Dai che ce la fai, Felipe, a tirarti su dalle sabbie mobili in cui ti sei infilato a inizio stagione. La tua stagione potrebbe partire proprio da Monaco. Che è la pista -per inciso- sulla quale chi vi tedia con le pagelle avrebbe a priori escluso qualsiasi tentativo di risveglio del brasiliano. Si vive anche per sbagliare e riconoscere i proprio errori. E’ il bello di questo mestiere, se si riesce a mantenere un po’ d’onestà. Tornando a Felipe, ci piace evidenziare che ha avuto praticamente lo stesso ritmo di Alonso sia in qualifica che in gara. E che le tre posizioni di ritardo son più che altro figlie di di eventi contingenti. Una sosta più ritardata, un secondo qua, un altro là ed ecco che poteva praticamente arrivare quarto. Oddio, la facciamo forse troppo facile. Ma il passo avanti fatto dal brasiliano è ENORME. In termini di velocità, visione di gara e costanza nei tempi. E vale più la prestazione del -pur buon- risultato. Dai che ce la fai [leggetelo con una voce alla Gianni Morandi, rende meglio l’idea]. Dai che ce la fai.

Michael Schumacher: 9,5 – Cosa accidenti vuoi dirgli? No, sul serio. Gli danno del Vecchio Rincoglionito da due anni e mezzo; dopo la botta con Senna -nella quale, per inciso, aveva tutti i torti- arrivano ad ipotizzargli un principio di Alzheimer; i tedeschi gli implorano di ritirarsi un giorno sì e l’altro pure. E lui che fa? Ti tira fuori dal cilindro la pole numero 69 della carriera. In faccia a Rosberg, alla Bild e a tutti quelli che gli vanno dietro ridendo. In tutto questo deve scontare la penalità per l’incidente spagnolo e parte sesto. Vabbè. Pronti-via e Grosjean decide di confutare proprio in quel momento la legge sull’impenetrabilità dei corpi stringendolo selvaggiamente contro il muro. Proprio lì, doveva farlo. Bah, istinti scientifici primordiali, che ne so. Arivabbè. La macchina miracolosamente non si rompe ma lui perde terreno e si ritrova dietro Räikkönen. Che guarda caso di punto in bianco finisce le gomme e gli fa perdere quasi 20 secondi in una decina scarsa di giri. Prova a passarlo diverse volte ma niente. Si ferma ai box, monta le supersoft. E quando queste iniziano ad andare in temperatura la pompa della benzina decide di prendersi un’ora di permesso retribuito, timbra il cartellino e se ne va. Lasciandolo a piedi. Che altro dire. Contro vento si può andare, a patto di saper bordeggiare, ma contro una sfiga così non ci sono santi che tengano. C’è rammarico, perché se fosse partito dalla Pole poteva anche vincerla, questa gara. Speriamo si consoli col nostro voto. [ancora una volta] Macumbato.

Nico Rosberg: 8,5 – Mezzo voto in meno per la sberla rimediata dal Crucco Vecchio al sabato pomeriggio. E un altro mezzo voto in meno per non averci nemmeno provato quando, a una decina di giri dalla bandiera a scacchi, è iniziata a scendere una lieve pioggerellina. La sua posizione era di gran lunga la migliore. Secondo, aveva davanti a sé la lepre Webber come riferimento sulle condizioni della pista e quindi avrebbe potuto/dovuto stargli negli scarichi più possibile per provare ad attaccarlo o quantomeno solo metterlo sotto pressione. E invece, dopo un timido tentativo di approccio, è più impegnato a guardare gli specchietti -dove la sagoma rossa di Fernando Alonso si fa invece sempre più grande- che a stuzzicare lo spilungone australiano con le aaali. Da un bel manico come lui, di neanche ventisette anni, -e figlio, tra l’altro, di una Béstia come Keke- ci saremmo aspettati almeno un attacco. Poi, capiamoci, il secondo posto è eccellente, la gara è senza sbavature, solida e concreta. Ma forse poco generosa, almeno negli ultimi frangenti. E’ pur vero che se ci avesse provato e avesse sbagliato saremmo qui a rodergli il cranio come il Conte Ugolino. Ma -anche questo- è il bello del nostro mestiere, aridaje. Filosofare sui se, sui ma, senza costrutto alcuno se non quello di romper le balle a chi s’è fatto quasi 300 km guidando come un pazzo su stradine dove per 361 giorni all’anno c’è il limite dei 50 all’ora. Attendista.

Kimi Räikkönen: 5 – Non ci hanno capito nulla. Né lui né la squadra. Lui perché in tre giorni non si raccapezza, non sente la macchina, non trova un bilanciamento soddisfacente, in qualifica le prende da Grosjean e in gara non dà mai l’impressione di esserci completamente. La squadra perché non capisce che con gomme finite -con le quali Kimi perde più o meno 2 secondi al giro- non ha senso restar fuori aspettando una pioggia che forse potrebbe arrivare «in ten minutes». E fanno veramente tenerezza quando, dopo la sosta, dai box gli dicono: «The rain we expected just disappeared. Keep on going with this tyres till the end of the race». Che significa, più o meno letteralmente «La pioggia che aspettavamo è semplicemente scomparsa. Continua con queste gomme fino a fine gara». Salvo poi vedere arrivare lo scroscio d’acqua un quarto d’ora dopo. Peccato che dagli spalti gli spettatori non abbiano potuto godersi questi dialoghi, sarebbero valsi da soli il prezzo -che immaginiamo salatissimo- del biglietto. La cosa ancor più buffa è che, in tutto questo casino, porta comunque a casa qualche punticino. E non ci stupiremmo affatto se in Canada tornasse a volare sul serio. E’ una squadra di matti, lui per primo. E ci stanno simpatici per questo. Folle #1.

Romain Grosjean: 4 – E a proposito di matti, eccone qui un altro niente male. La sua manovra al via ci lascia basiti [Boris docet] perché non si capisce dove accidenti volesse andare. Trasforma la sua Lotus in una pallina da flipper. Prima sfiora Alonso, poi stritola Schumacher, quindi piroetta in uno splendido giro di valzer viennese stringendo -ma a quel punto è oramai fuori controllo- prima Vettel a destra poi Kobayashi a sinistra. Ripetiamo: l’errore può starci. Ma, sul serio, non si capisce cosa cavolo avesse intenzione di fare. E dire che in prova era parso molto a suo agio. E che stavamo addirittura per dimenticarci degli incidenti al via nelle prime gare dell’anno. E invece… Folle #2.

Paul di Resta: 7,5 – In una gara con molti protagonisti ben sopra le righe, spesso l’America la trova chi si comporta da formichina, tenendosi lontano dalle cicale in bagarre ma lavorando sottotraccia in attesa che la corsa gli venga incontro. E’ il caso, a Monaco, del buon Paul di Resta. Che, da bravo scozzese, economizza le proprie energie nella prima parte di gara -complice anche una qualifica così così- ma punta tutto -siamo o non siamo nella patria dei casinò?- su un pit stop molto ritardato. L’azzardo paga, complice anche la strategia apparentemente suicida di Vergne, e la posta vale un settimo posto [scusate il gioco di parole] che definire insperato alla vigilia è quantomai azzeccato. I conti si fanno sempre sotto la bandiera a scacchi. E la prestazione della Force India a Montecarlo è la dimostrazione che un muretto intelligente e una condotta di gara saggia possono sopperire a una vettura tutto sommato carente rispetto a quella di altri avversari. Lotus, ma anche Sauber e Williams, nello specifico. La pazienza è o non è la virtù dei forti, del resto [o di Resta? orribile, questa…]? Intelligente.

Nico Hülkenberg: 7 – Se non fosse rimasto tutto quel tempo bloccato dietro alla Lotus di Räikkönen avrebbe potuto forse piazzarsi anche davanti a di Resta. Ma se Pérez non si fosse inventato quella bizzarra manovra di rientro ai box che di fatto ha bloccato proprio il finlandese facendo nel contempo passare il tedesco, beh probabilmente Nico sarebbe ancora intento a leggere la targa della Lotus. Anche adesso che la gara è finita da un pezzo. La sorte toglie, la sorte dà, dunque, sotto forme a volte poco comprensibili ai comuni mortali. Di buono, nella sua corsa, c’è che nonostante abbia all’attivo, a Montecarlo in gara, solo mezzo giro nel 2010, non commette errori, è preciso e tutto sommato anche freddo nella condotta di gara, evitando quella tendenza a strafare che spesso gli ha fatto perdere risultati anche buoni. Per una volta l’incredibile Hülkenberg corre usando la testa, e si vede. Potrebbe provare a farlo più spesso, chissà. Magari Vijay Mallya sarebbe più contento. Gliela buttiamo lì. Lucido.

Kamui Kobayashi: sv – Nemmeno il tempo di arrivare alla prima curva che la Lotus di Grosjean gli va addosso. O meglio, a dirla tutta è lui che con la posteriore destra inforca il retrotreno dell’elegante vettura dalla livrea nero-dorata. Ma onestamente non c’era spazio per fare chissà cos’altro, il vero problema era a monte. Tra l’altro, particolare interessante, dopo la botta con la Lotus va pure addosso alla McLaren di Button. Un po’ di qua, un po’ di là. Ovvio il ritiro. Cos’altro aggiungere? Sballottato.

Sergio Pérez: 4,5 – Non ce ne vogliate, ma stavolta la mettiamo giù dura. Ci sono gare come queste, tirate ed equilibrate, in cui, vivaddio, emerge ancora il valore del pilota sulla macchina. Nel senso che non basta più avere una monoposto veloce per vincere, ci vuole anche qualcuno che sappia guidarla, che faccia la differenza. Perché vi facciamo ‘sta pappardella? Presto detto. Prendiamo la Sauber. Aveva il ritmo e la velocità per andare a podio se non per addirittura vincerla, questa corsa. E non stiamo scherzando. A parlare è il giro più veloce proprio di Pérez e il ritmo esaltante messo in mostra in alcune fasi di gara. Però se 1] nel weekend in cui conta di più in assoluto la qualifica sbatti proprio all’inizio delle prove, condannandoti all’ultimo posto in griglia, e se 2] in gara recuperi ma poi ti inventi un ingresso ai box quantomeno pericoloso, beccandoti pure un drive through per questo… beh è inutile anche andare avanti col discorso. Oggi la Sauber valeva più del pilota. E -ovviamente- dell’undicesimo posto finale di Checo. Con tanto di contatto con Kovalainen, frutto più di frustrazione che altro. Peccato, perché si potevano ottenere punti pesantissimi. Ma -per una volta- abbiamo la rivincita [anzi, la riperdita, in questo caso] del pilota sulla macchina. Meditate, gente, meditate… Irruente.

Daniel Ricciardo: 6 – E dire che un punticino poteva anche portarlo a casa. La sua Toro Rosso non fa sfracelli, e a differenza del compagno di squadra a lui il muretto affibbia una strategia abbastanza canonica. Che lo mette al sicuro da rischi legati al rendimento delle gomme ma che lo tiene imbottigliato in mezzo al traffico per buona parte della corsa. A un certo punto si ritrova dietro la Caterham di Kovalainen e dietro alla McLaren di JB e prova pure ad attaccare la vettura dell’inglese, dimostrando un certo spirito d’iniziativa. E, nella foga della rincorsa, scordola violentemente danneggiando lo sterzo. Al momento non sembra nulla di grave, poi dai box lo richiamano dentro, fanno un rapido controllo e decidono che non è il caso di rischiare. Senza infamia e senza lode la prova dell’australiano. Ma -e chiudiamo come abbiamo iniziato- per come sono poi andate le cose forse avrebbe potuto anche arrivare a punti. Scordolato.

Jean-Éric Vergne: 7,5 – Corre con un casco con i colori del suo amico e mentore Jean Alesi, impegnato a Indianapolis. E lo fa con lo stesso spirito del pilota di Avignone. Con coraggio, grinta… e anche un po’ di sana incoscienza, da dividere a metà tra lui e il muretto. La strategia che gli scelgono è particolare, con un pit stop molto anticipato e un secondo stint molto lungo. Azzardo che sembra pagare, tanto che a tre quarti di gara veleggia tranquillo attorno alla settima-ottava posizione. Poi iniziano a cadere delle gocce di pioggia. Che mandano in tilt -letteralmente- i cervelli strategici della squadra. Fermarsi? Non fermarsi? «Mmmmm le gomme sono quasi andate e manca una decina di giri. Sai cosa facciamo? Nel dubbio lo richiamiamo e gli mettiam su le intermedie. Se piove come dio comanda facciamo il colpaccio. Altrimenti… vabbè». Indovinate come va a finire. Resta il dubbio su cosa sarebbe successo se non si fosse fermato. Ci chiediamo cioè se sarebbe riuscito lo stesso ad arrivare alla fine con le vecchie coperture. Chissà. Fatto sta che dovrà accontentarsi del dodicesimo posto. Che comunque non inficia la sua prestazione, splendida per forma e sostanza. Da deb, non dimenticatevelo, sulla pista più complicata del mondo. Navigato.

Pastor Maldonado: 4 – All’apparenza un Cretino, se mai ne è esistito uno. Perché solo se sei un Cretino, con la C maiuscola, ti inventi una sportellata come quella rifilata a Pérez durante le prove libere. Sportellata che ti costa una superpenalizzazione in griglia, alla quale si abbina poi quella per la sostituzione del cambio. E dire che la Williams, per quanto fatto vedere poi nelle qualifiche, nelle sue mani valeva un posto tra i primi cinque. Al via poi un po’ per irruenza un po’ per il caos davanti a sé colpisce in pieno la HRT del povero de la Rosa costringendo entrambi al ritiro. Che dire? Semplicemente non c’era con la testa. Probabilmente, tornando seri, Cretino non è, pur essendosi è comportato da tale. Avrà quindi ben modo di rifarsi, è bravo, veloce e intelligente. Ma è proprio per questo che quanto combinato a Monaco è imperdonabile. Scellerato.

Bruno Senna: 6 – Ci sono alcune buone notizie, dalle parti di Grove. In ordine sparso. 1] In Williams hanno anche un pilota che NON deve venire alle mani con un collega direttamente in pista per vendicare non si sa bene quale torto. 2] Nonostante tra i due si sia dimostrato il più lento, a Montecarlo, quest’esperto di Galateo e buone maniere non solo porta a casa la vettura senza nemmeno un graffio sulla carrozzeria, ma 3] lo fa addirittura strappando un punticino nelle ultime fasi di gara. Rocambolesche quanto si vuole, con la sosta di Vergne che somiglia ad un ideale tappeto rosso -anzi, Toro Rosso- da percorrere dritti dritti fino al decimo posto finale, ma comunque complicate. Detto questo, e data comunicazione del risultato, va però doverosamente specificato che Bruno per tutto il weekend è parso meno efficace di Pastor, soprattutto in termini di velocità. Il divario in qualifica, a questo proposito, è evidente. Però non fa errori, non si fa prendere dall’ansia di strafare, e alla fine il risultato lo porta a casa. In Williams, con la fame di punti che c’è, probabilmente va anche bene così. A noi un po’ meno. Ma la sufficienza ci sta. Pacifico.

Heikki Kovalainen: 9 – Un Eroe. Se mai ne è esistito uno. Un Eroe che ci ricorda come l’espressione «Sa di Tappo» non è necessariamente è un’ingiuria, nel Motorsport. Parte bene, è bravo e fortunato a scegliere il pertugio giusto alla prima curva sfruttando il caos generato dalla trottola nero-dorata di Grosjean, e chiude il primo giro in tredicesima posizione. Davanti alla McLaren di Button. Che -udite udite- tiene dietro fino a 10 giri dalla fine!! E non solamente badando a chiuderlo: nelle prime fasi tiene agevolmente il ritmo delle Toro Rosso, e a fine gara potrà vantare uno splendido tredicesimo giro più veloce. Davanti, per dire, a gente come Button -aridaje!!!- Ricciardo o di Resta. Nelle fasi conclusive, con gomme finite, resiste eroicamente all’ultimo, disperato assalto di Button, e anche a quello di Pérez, che si arrangia un po’ alla Totò a suon di sportellate più o meno virili, costringendolo infine a fermarsi ai box. Ma la sua prestazione, in una pista in cui, per fortuna, il manico conta ancora, è da i-n-c-o-r-n-i-c-i-a-r-e. La migliore, a naso, da quando corre per il team di Tony Fernandes. E dire che il posto in McLaren gliel’aveva fregato proprio JB. A questo punto… altro che uccello incazzato [Angry Bird, per chi non l’avesse capito]! Mitologico.

Vitalij Petrov: sv – Al quarto giro deve già fermarsi, curiosamente proprio nel momento in cui la safety car rientra nella pit lane. Poi torna in pista, fa qualche altro giro ma è costretto a tornare di nuovo ai box, definitivamente. Problemi elettrici, pare. Gira troppo poco per poterlo giudicare. Certo che per il Compagno Petrov sarebbe stata dura tenere il ritmo indemoniato di Kovalainen, ma in questo caso viene assolto per insufficienza di prove. E buon per lui che dalle sue parti non comandi ancora il Maresciallo Stalin: a quei tempi le attenuanti che abbiamo citato non gli avrebbero risparmiato qualche annetto in Gulag dalle parti di Vladivostok. Fortunato.

Pedro de la Rosa: sv – Prende il via ventesimo, complice sì la penalizzazione inflitta a Maldonado e l’incidente di Pérez, ma grazie anche a un giro da paura che gli fa staccare Karthikeyan di 1’3″ e gli fa tener dietro anche la Marussia di Pic. Un sogno. Dal quale viene svegliato, nemmeno troppo dolcemente, dalla Williams di Maldonado, che invece di scuoterlo dolcemente gli sale sopra senza troppi complimenti al primo giro a Sainte Devote. Dove Pedro aveva rallentato per evitare la Lotus impazzita di Grosjean. Gli andrebbe addebitato anche questo, al francese. Ma Pedro non lo farà. E’ un gentiluomo, lui. D’altri tempi. Peccato.

Narain Karthikeyan: 5 – Brutto dirlo, ma probabilmente al muretto HRT avrebbero preferito che Maldonado fosse salito sopra di lui, e non sopra Pedro. E non per mere questioni nazionalistiche. Perché uno ha tutto il diritto di non essere un fenomeno, per carità, ci mancherebbe altro. Se può pagarsi il sedile tanto meglio per lui e per la squadra, beninteso. E può fare il pilota con la valigia in maniera più che dignitosa in buona parte del campionato. Poi però arrivano piste, come questa, in cui il suddetto pilota pagante resta in mutande. A Montecarlo o ci sei o non ci sei, non esistono mezze misure. E lui. con tutto il bene che gli si può volere, non c’è. Lento, impreciso, nervoso, a tratti quasi pericoloso. Emblematico il momento in cui, per evitare danni, si butta letteralmente fuori pista alla chicane del porto per far passare un trenino di vetture che lo stava doppiando. E’ il massimo della correttezza, certo, bravo. Ma anche l’emblema di un pilota che, a dispetto di quel che andrà poi a raccontare nel comunicato ufficiale a fine corsa, non vede l’ora che la gara finisca. Poi intendiamoci, correre con una HRT non aiuterebbe nemmeno Fangio. Ma lui ha semplicemente fatto da chicane mobile, tra i muretti e i guard rail del Principato. Spaventato.

Timo Glock: 6,5 – Chiude quattordicesimo, a un giro di ritardo dal leader, e non sarebbe nemmeno male. Anche perché a inizio gara tiene discretamente il ritmo della Caterham di Kovalainen… e quindi anche della McLaren di Button, ma questa è tutta un’altra storia. L’episodio inquietante della sua corsa arriva però al giro numero 55, quando all’improvviso perde un pezzo di alettone anteriore. Di schianto. Lui fatica a trovare una spiegazione, e parla genericamente di un contatto con la Sauber di Pérez a inizio gara. Fatto sta che deve poi fermarsi ai box per montare una nuova ala perdendo un sacco di tempo. Ciononostante chiude comodamente davanti a Karthikeyan. Non un qualcosa di cui vantarsi troppo, ma comunque un dato di fatto. Peccato perché se fosse arrivata la pioggia avrebbe forse potuto risalire la china, e perché complessivamente la Marussia -nelle sue mani- è parsa in miglioramento rispetto a quanto visto nelle gare precedenti. Vedremo se è merito della pista, che esalta le doti di pilotaggio, oppure se davvero le cose stanno volgendo al meglio. Ottimista.

Charles Pic: 5,5 – L’unica annotazione positiva del suo weekend è il giro più veloce in gara, leggermente più rapido rispetto a quello del suo caposquadra. Per il resto fa fatica, parecchia, tra le stradine del Principato. Pensate che in qualifica finisce pure dietro a de la Rosa. Ma almeno -a differenza di altri nomi anche illustri- non fa danni, riconsegna la vettura a fine weekend senza nemmeno una riga sulla carrozzeria. E da debuttante, a Monaco, questo non è mai scontato. Poi è onesto quando a fine corsa dichiara «Non è stata una gran gara, per me, ma a essere sinceri per tutto il weekend non sono stato particolarmente a mio agio». E in questo senso il guasto elettrico che lo mette fuori gioco al giro numero 64 in un certo senso pone fine all’agonia di una gara senza particolari sussulti d’orgoglio. Ma non era qui, a Montecarlo, che doveva fare sfracelli. L’impatto con questa pista è sempre un po’ traumatico, la prima volta che ci arrivi con una F1. Ora l’aspettano i rettilinei e le frenate del Canada. E’ sveglio, saprà rifarsi. Stordito.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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