Pagelle del Gran Premio di Corea

Pagelle del Gran Premio di Corea

Alla vigilia la preoccupazione principale era la tenuta dell’asfalto, ma la protagonista in Corea è stata la pioggia. E dal diluvio di Yeongam ad emergere è la Ferrari di Alonso, che irrompe in testa al mondiale scavalcando le Red Bull. Ritiro per Vettel e Webber, secondo posto per Hamilton, abbandono delle residue speranze di Mondiale per Button. Buona lettura!

Jenson Button: 4,5 – Il suo mondiale finisce qui, al termine di una gara evanescente, l’unica completamente negativa di una stagione altrimenti priva di sbavature. Sin dall’inizio in difficoltà sotto l’acqua, subisce il sorpasso da Michael Schumacher e tenta l’azzardo delle intermedie ma si trova imbottigliato nel traffico. E lì, ahilui, resta. Anzi, un paio di svarioni e un bel testacoda lo spingono ancora più indietro. E dire che queste sono le sue gare, quelle in cui quest’anno ha dato il meglio. Certo la McLaren in Corea non andava, però che diamine. Inconsistente, lento, nervoso. Bah-tton.

Lewis Hamilton: 7,5 – Fatichiamo a capire la sua gara. Dietro la safety car è una furia, vorrebbe correre da subito, poi invece si dimostra lento, impreciso, remissivo. Si fa fregare da Rosberg e perde terreno sin da subito. Invece di dettare il ritmo, come fa sempre quando piove, subisce quello degli altri e gioca in difesa. La safety car e la crew Ferrari gli fanno un regalo di Natale gigantesco servendogli su un piatto d’argento il sorpasso ad Alonso -che sarebbe valso la vittoria- ma lui vanifica tutto sbagliando la prima frenata dopo il restart e restituendo così la posizione. Un errore di quelli imperdonabili. Certo, va anche detto che la sua McLaren era inguidabile, rigidissima e palesemente instabile in frenata, ma aveva l’occasione di rilanciarsi e invece si trova ancora ad inseguire. L’impressione è che non sappia trovare un equilibrio tra la voglia di attaccare e il bisogno, quando necessario, di amministrare. Sempre bravo, certo, ma lontano parente del Lewis di Spa. Contratto.

Michael Schumacher: 9 – La pista è nuova di pacca, la macchina è più o meno sempre la stessa (o meglio la stessa carriola), ma se piove il Vecchio Kaiser riesce ancora a lasciare il segno. A onor del vero non parte benissimo, finendo fuori pista dietro la safety car (!), poi però appena la gara parte passa d’autorità Kubica e Button. Guida sulle uova tenendo la quinta posizione, che si trasforma in quarta dopo il ritiro di Vettel, senza un errore o un indecisione di sorta. Eguaglia il miglior risultato stagionale e dimostra che nonostante i 41 anni suonati la pioggia non gli fa venire i reumatismi ma, al contrario, lo fa tornare vispo come un ragazzino. Altro che vecchio arrugginito! Inossidabile

Nico Rosberg: 9 – Merita quanto il compagno di squadra perché -la spariamo grossa- avrebbe lottato per la vittoria. Passa Hamilton e si avvicina ad Alonso, poi però viene falciato malamente da Webber e deve salutare la compagnia. Ai box sembra un bambino a cui Babbo Natale abbia portato un regalo bellissimo e sia poi tornato indietro a riprenderselo dicendogli “scusa, non era per te”. Imbronciato.

Sebastian Vettel: 10 – Non merita niente di meno del massimo. Ottiene la pole sull’asciutto, controlla la gara dal primo posto col bagnato, senza commettere errori. Pare anzi a suo agio sotto il diluvio e dà l’impressione di giocare al gatto col topo con Alonso. Preciso, freddo, addirittura tranquillo. Poi, quando il più sembra fatto, il patatrac: il motore fa un rumoraccio in rilascio, perde potenza e fuma come un turco alla riaccelerazione. Gara finita, mondiale forse. Peccato. Buffo che, in una stagione infarcita di errori e cavolate, debba probabilmente salutare le aspirazioni iridate al termine di una gara perfetta e persa per colpe non sue. Ma le corse sono così. To finish first, first you have to finish. In Red Bull quest’anno lo stanno imparando a proprie spese. Saluti.

Mark Webber: 4 – Non merita niente di meno del minimo. Altro che braccino, il suo è terrore allo stato puro. Si lamenta per le condizioni del meteo, per la troppa pioggia, e vorrebbe non correre. Subito dopo la partenza si capisce perché: tocca un cordolo, si intraversa, sbatte contro il muro, ripiomba in pista e falcia il povero Rosberg. Per dirla alla Fantozzi: una Cagata Pazzesca. Con tutto il rispetto per la Corazzata Potëmkin. Lascia la testa del mondiale, una posizione che evidentemente scottava. Ora dovrà tornare all’attacco e tirar fuori gli attributi. Conscio che in Red Bull, nemmeno fosse la Williams dei tempi migliori -peggiori?- nessuno al di fuori di se stesso potrà/vorrà aiutarlo. Solo.

Felipe Massa: 7,5 – Torna finalmente sul podio con una gara d’attesa, poco appariscente ma estremamente fruttuosa. Ottenuta, oltretutto, in condizioni che non ama e che non ha mai amato. Resiste a Button nelle primissime fasi di gara, poi amministra la posizione alle spalle di Hamilton senza mettergli pressione ma senza nemmeno accumulare troppo distacco. E, con i ritiri di Webber e Vettel, risale al terzo posto. Non fa sfracelli, non sbaglia, fa il cosiddetto compitino. E complice il risultato finale, per stavolta va bene così. In fondo, per come è stato trattato dalla squadra quest’anno, perché sbattersi troppo? Sornione

Fernando Alonso: 9,5 – «Siediti lungo la riva del fiume e aspetta: prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico». I cinesi, maledizione, hanno sempre ragione. Anche se ti trovi in Corea. L’harakiri Red Bull regala allo spagnolo un successo che definire importante è tremendamente riduttivo. Lui ci mette del suo innanzitutto non sbagliando e poi tallonando le monoposto austriache minacciando di mordere i talloni al primo errore. La gara gli dà più che mai ragione, anche se va detto che senza l’arrosto del motore Renault di Vettel non avrebbe mai vinto. Dall’erroraccio di Spa in poi è stato praticamente perfetto, ed ora che è in testa al mondiale può permettersi di guardare al resto della stagione con rinnovato ottimismo. Anche se la sua Ferrari non è la vettura più veloce del lotto. Mastino.

Rubens Barrichello: 7,5 – La chicca del weekend è la sua. Titolo: dialogo surreale con Stella Bruno. Sceneggiatura. RB: «Anche dietro alla Safety car sarebbe pericoloso correre». SB: «Per questo ti sei messo comodo ai box?». RB: «Sì, con la musica brasiliana!». Un genio. Così come moderatamente geniale si dimostra anche in pista, dove azzecca alla perfezione i tempi di ingresso ai box e massimizza il potenziale della Williams in condizioni di pista estreme. Si trova ben davanti al compagno di squadra per tutta la gara -anche se alla fine, con le gomme sulle tele, non riesce a resistere al ritorno di Liuzzi e deve cedere la sesta posizione- conquistando punti preziosi e dimostrando per l’ennesima volta che se il gioco si fa duro lui c’è sempre. Se il pagellista avesse un team di Formula 1, lo ingaggerebbe al volo per il 2011. E fa bene zio Frank a tenerselo. Mezzo punto in più per le sue doti cabarettistiche. Roccia.

Nico Hulkenberg: 7 – Di pastasciutta ne deve mangiare ancora tanta, okay, ma la stoffa c’è eccome. Galleggia letteralmente con la Williams all’interno della zona punti stando attento a non far danni ma cercando anche di attaccare. All’uscita del pit stop non riesce a resistere a Petrov e deve cedergli la posizione, a fine gara rimedia una foratura lenta e si fa sopravanzare dall’altra Renault, quella di Kubica. Deve pure cambiar gomme, ma all’ultimo giro nobilita la prestazione con un sorpasso su Algersuari che gli vale il decimo posto. Corre ancora in maniera troppo dispersiva, ma è bravo e sta imparando bene. Sarebbe un peccato se l’anno prossimo dovesse restare a piedi. Volenteroso.

Robert Kubica: 7,5 – Per sua stessa ammissione è autore di una gara molto, molto fortunata. Corre un po’ sottotono, si fa passare da Michael Schumacher poco dopo il via e subisce Petrov per buona parte della gara. Perde anche tempo per un problemino ai box e si arrabatta alla meno peggio. Poi però sfrutta i ritiri delle Red Bull e i problemi di gomme delle Williams -passa anche Hulkenberg in pista- per scalare posizioni e arrampicarsi fino al quinto posto finale. Più di quello che avrebbe meritato, certo, ma va bene. La sorte da, la sorte toglie. Oggi è andata così. Gastone.

Vitaly Petrov: 5 – La tentazione di giustificarlo è forte, quella di prenderlo a sganassoni anche. Deve scontare la penalizzazione per i fatti di Suzuka e parte molto indietro, ma con l’acqua si trova nel suo elemento -probabilmente in un’altra vita è stato un pesce- e risale una marea di posizioni, piazzandosi ben davanti al compagno di squadra. Deciso il sorpasso a Hulkenberg in uscita dai box. Poi però getta di nuovo tutto alle ortiche distruggendo la sua Renault a tre quarti di gara, facendo tutto da solo. Capiamo la sua voglia di strafare, figlia di un temperamento focoso, ma ce la sta mettendo tutta per rimetterci il posto, che diamine! Peccato.

Adrian Sutil: 5 – Una gara in trincea. Una guerra. Persa, ahimé. Parte cauto, prende le misure alla pista ma finisce per campi. E lì gli salta il neurone. Fate un bel respiro e leggete tutto d’un fiato: comincia a spingere, rimedia un altro testacoda, passa Button, passa pure Heidfeld, attacca Kobayashi, finisce lunghissimo e viene ricacciato indietro, si riporta sotto, va ancora fuori pista, Algersuari lo passa, lui lo riattacca e lo risorpassa, ci riprova con Kobayashi, gli rovina addosso e si ritira. Madonna. Di sicuro ci ha fatto divertire. Ma queste sono le sue corse, quelle da cui riesce a tirar fuori il massimo. E una condotta di gara da videogame arcade non è quello che ci si aspetta da lui. Guerrafondaio.

Vitantonio Liuzzi: 8 – Per una volta la pagnotta in Force India la porta a casa lui. E lo fa con una gara grintosa, consistente, ma anche saggia ed accorta. Parte tranquillo e lascia che la corsa gli venga intorno. Evita per miracolo la McLaren di Button che finisce in testacoda, mostrando un notevole sangue freddo. Recupera posizioni grazie a una startegia impostata sulla regolarità e alla fine si prende il lusso di passare, in pista, Kobayashi e Barrichello per il sesto posto finale. Non male. Praticamente, rispetto alle ultime apparizioni, si scambia i ruoli con il compagno di casacca. Speriamo duri, perché Tonio ci piace e merita un sedile in F1. Saggio.

Sebastien Buemi: 4,5 – E’ fortunato a portare a casa la dentiera intatta. Dopo un inizio di corsa un po’ confusionario veleggia in dodicesima posizione, decide di attaccare Glock -che sta facendo un garone con la Virgin- e gli finisce addosso, costringendolo al ritiro e rimettendoci la gara lui stesso. Scriteriato e maldestro come pochi. Appena arriva ai box si scusa con il tedesco, e forse solo per questo salva -fisicamente- la faccia. Mezzo punto in più per le scuse. L’educazione prima di tutto. Galateo.

Jaime Alguersuari: 6 – In condizioni da tregenda vede il traguardo, e già non è poco. Sempre ben davanti al compagno di squadra, si trova per buona parte della gara in zona punti. Lotta furiosamente con Sutil -come un po’ tutti, del resto- a metà gara, lo passa e viene risuperato. Poi, quando il decimo posto sembra oramai acquisito, inizia ad accusare un degrado implacabile delle gomme ed è costretto a cedere l’ultimo punto disponibile all’arrembante Hulkenberg. Da un lato lo premiamo per aver finito la gara senza far danni -e, vista la sua limitata esperienza, già questo varrebbe un votone- ma dall’altro lo penalizziamo per non essere riuscito ad entrare nella top ten nonostante i tanti ritiri. Con un pizzico di grinta in più, forse, ce l’avrebbe fatta. Timido.

Jarno Trulli: sv – Ritirarsi per una perdita di pressione idraulica sotto il diluvio universale è già di per sé inquietante. Un po’ come se Noé fosse morto disidratato. A parte questo poco altro da segnalare, se non un contatto con Senna in avvio di gara causato proprio dai suoi ennesimi problemi meccanici. Impagabile il siparietto con Giovannelli: EG: «Qual è stato il problema?» JT: «Indovina?» EG: «L’idraulica?» JT: «Bravo!». Nonostante la sfiga imperante, un futuro a Zelig non glielo toglie nessuno. Superstar.

Heikki Kovalainen: 5,5 – Chiude tredicesimo, ma forse avrebbe potuto arrampicarsi più in alto. Paga infatti un contatto con una Toro Rosso, che lo spedisce in testacoda, e un drive thru per eccesso di velocità ai box. Poi è chiaro, con i se e con i ma non si va mai da nessuna parte. Ma ripensiamo al secondo posto ottenuto al Gran Premio del Giappone 2007 con la Renault, sotto una pioggia paurosa, e pensiamo che le potenzialità per far meglio le avrebbe eccome. Questo all’origine della bocciatura, forse anche un po’ troppo severa. In gare come queste sbagliare, per chi guida vetture di terza fascia, è vietato. Disordinato.

Sakon Yamamoto: 6 – Per buona parte della gara -quella con più pioggia, peraltro- si trova davanti al compagno di squadra. Non commette errori -quantomeno non viene inquadrato mentre ne commette, per cui ci fidiamo del regista- e porta la macchina al traguardo nelle peggiori condizioni possibili. Chiude ultimo, ma è un dettaglio. Gira, peraltro, ben più veloce di Senna in gara, e anche questa è una notizia. Tra l’altro crediamo -andiamo a memoria- che sia il secondo miglior risultato della sua carriera, e lo immaginiamo ben felice ai box a fine gara. Perché, visto tutto questo, bocciarlo? Sereno.

Bruno Senna: 6 – Viene falciato dall’incolpevole Trulli dopo pochissimi km -di gara vera, non di safety car- e non è un bel cominciare. Dal fondo dello schieramento gira da solo per gran parte della gara e solo alla fine riesce a riprendere -e passare- Yamamoto. Il tutto per un tredicesimo posto. Che sembrerebbe misero, ma è pur sempre il suo miglior risultato in Formula 1. Di fronte a questi eventi -il battesimo del gatto, il matrimonio del cane, il primo tredicesimo posto in carriera e simili- abbiamo sempre avuto il cuore tenero. Per cui lo promuoviamo, anche se becca nove decimi da Yamamoto nel computo dei giri veloci. Lui si giustifica dicendo che l’ultimo stint è stato mooolto lungo, ma facciam finta di non aver sentito. Potremmo cambiare idea. Furbetto.

Nick Heidfeld: 7 – E’ tra i primi a montare le intermedie. Okay, andava fatto, prima o poi. Ma meglio poi che prima. Si ritrova infatti a navigare in acque scure e perigliose frangendo i flutti con somma perizia e immane difficoltà. Perdendo, soprattutto, una marea -daje…- di tempo. Ad ogni modo riesce a non far casino e, quando gli altri si fermano, riemerge dal fondo -aridaje……- rientrando in zona punti. Non si avvede del recupero di Sutil, che lo infila imperioso, a causa degli specchietti sporchi (!). Ma tiene il ritmo di Kobayashi e, di conserva, taglia il traguardo in nona posizione subito dietro al Jap. Ci basta per un bel voto. Non dimentichiamo che per lui è solo il terzo Gran Premio della stagione. Concreto.

Kamui Kobayashi: 7,5 – A fine gara ha la faccia di chi ha visto un fantasma. Anche lui sbaglia il tempo per montare le intermedie e rema a fatica in quel mare che è l’asfalto coreano. Viene passato da Liuzzi ma, intelligentemente, capisce che non è il caso di fare la guerra a tutti i costi. Quella, infatti, la innesca con Sutil. Il tedesco prova a passarlo, lui resiste, tiene la posizione, l’altro ci riprova e lo travolge. Nell’urto la Force India si rompe ma la Sauber no, e così -pian pianino- arriva al traguardo in ottava posizione, accumulando altri punti. Un po’ sottotono, tutto sommato, considerato quello che è il suo temperamento. Ma a Yeongam è andata bene lo stesso. Insospettabilmente Saggio.

Timo Glock: 8 – Si meriterebbe un senza voto, ma gli assegnamo la supervalutazione per due motivi. Perché al momento del ritiro era undicesimo, e perché si limita a inveire solo verbalmente contro Buemi che lo sperona. Lui non gli mette le mani addosso, l’altro gli chiede scusa. Che bel quadretto. Mancano solo gli uccellini e le farfalline. Ma, sapete, pioveva troppo…. Idillio.

Lucas Di Grassi: sv – Finisce fuori dopo pochissimi km di gara vera. Lui dice per evitare Yamamoto, noi francamente non l’abbiamo visto. Il senza voto è la scelta più obbligata. Chissà cos’avrebbe conbinato. Difficilmente, immaginiamo, avrebbe tenuto il ritmo dello scatenato Glock, ma non ne avremo mai la controprova. Si risparmia, ad ogni modo, un’ora e mezza di pioggia, ed evita problemi di reumatismi, cervicale, e acciacchi vari. Nemmeno avesse 80 anni. Salutista!

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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