Pagelle del Gran Premio dell’India

Sproloqui a ruota libera, dall'Alaska all'India, tra lattine e cavallini

Pagelle del Gran Premio dell’India

Niente ostaggi né prigionieri. Anche in India Sebastian Vettel non ha pietà e annichilisce la concorrenza con una gara tutta solitaria. Dietro di lui Alonso limita i danni strappando il secondo posto a Webber, frenato dal Kers. Fuori dalla lotta per il Titolo le due McLaren, quasi out anche Räikkönen. Buona Lettura!!!

Sebastian Vettel: 9,5 – Indovina indovinello. Secondo voi qual è il motivo per cui gli neghiamo il massimo dei voti? 1] Per la sbavatura in prova durante la Q3. 2] Per aver realizzato il giro più veloce all’ultima tornata, segno di immaturità in una gara già vinta. 3] Per esserselo fatto fregare prima da Alonso -che compie, al contrario, una grandissima impresa realizzandolo mettendo pressione alla Red Bull nonostante fosse quasi a 10 secondi di ritardo con 5 km o poco più da percorrere- e da JB poi. 4] Per aver vinto una gara con il Kers funzionante, che così son buoni tutti. 5] Per non aver regalato anche fuochi d’artificio oltre alle scintille degli ultimi giri di gara. Perdonate il sarcasmo, che non vuole essere né tifo né faziosità né partigianeria ma puro, semplice e cristallino sarcasmo. Dura commentare la gara di uno che fa la pole, scappa al via e non lo rivedi se non sotto la bandiera a scacchi. Merito di Newey? Sicuro. Ma se chi vi scrive sale su una Red Bull le gare non le vince. Per cui fino a prova contraria onore al merito. Quando le cose si mettono bene è quasi infermabile, un po’ come il Ronaldo prima maniera. Se si gira e ti scappa, diceva un difensore, l’unica è sparargli. Chissà se a Maranello contano di prendersi un fucile. Fuggitivo. [ps. aspetto la vostra risposta, chi indovina vince una lattina da mezzo litro di Red Bull].

Mark Webber: 7,5 – Onestamente, avrebbe potuto davvero vincere la gara? Siamo seri, no. Per un milione di motivi. Ragion per cui il secondo posto sarebbe stato un risultato da dieci, per lui e per la squadra. A meno di pretendere una prestazione tipo quella di Michael Schumacher in Malesia nel ’99, quando al rientro dall’infortunio dimostrò una superiorità imbarazzante nei confronti di tutti, salvo poi lasciare strada al compagno di squadra Irvine in lotta per il mondiale. Non gli si chiedeva questo e forse non era nemmeno il caso di pretenderlo. Fa una gara onestissima finché il Kers, sollecitato dalla pressione di Alonso -questa poi- non lo saluta e gli rende di fatto impossibile resistere al ritorno dello spagnolo. Un giorno qualcuno ci spiegherà perché si rompe sempre e solo la sua, di Red Bull. Questione di aaaali spuntate, chissà. E’ però bravissimo a tener dietro Hamilton e a conservare il podio. Per cui pacca sulla spalla e via pedalare. Magari vincerà in Brasile anche quest’anno. Provate a pensare perché. InKERSato.

Jenson Button: 7 – Cosa vuoi dirgli? La sua stagione oramai ha obiettivamente poco da dire, a questo punto. La classifica lo condanna, la vettura va a corrente alternata -i guasti all’alternatore non c’entrano niente, forse è l’unica cosa che sulla McLaren quest’anno non si è rotta- e non ha nemmeno da giocarsi la riconferma. Si tratta solo di vivacchiare, in pratica. Lui fa un’ottima partenza, poi cede prima ad Alonso poi al compagno di squadra -complice un’usura eccessiva delle gomme- e quindi trotterella fino al traguardo, regalandosi il giro più veloce all’ultima tornata. Evidentemente a serbatoi scarichi la vettura di Woking va meglio. Ma ad ogni modo va bene così. Visto anche quello che combina il suo talentuoso ma maldestro futuro compagno di squadra. Chiude quinto e dice che della sua gara salva solo il primo e l’ultimo giro. Sempre meglio che niente, no? Flemmatico.

Lewis Hamilton: 8,5 – Lo senti parlare a fine gara e ti vien da ridere pensando a quella che è stata la sua stagione. Cioè, già nel giro di ricognizione la radio inizia a funzionargli ad intermittenza. Poi è il cambio che fa le bizze, le marce entrano e non entrano. Tanto che al pit stop decidono addirittura di cambiargli il volante. Ultima frontiera nella ricerca dell’affidabilità: se non riesci a costruire componenti che non si rompano, rendili almeno facili da montare/smontare. Geniale. E in tutto questo lui dice di essersi divertito come un pazzo e che era tanto che non riusciva a spingere così per tutta la gara. Anche uno a digiuno di F1 di fronte a queste circostanze si chiederebbe che razza di stagione abbia passato finora. E a ragione, tra l’altro. Tirando le somme e lasciando perdere questi sproloqui, la sua gara è più che positiva, viste le circostanze. Tira fuori il massimo da una vettura che da un certo punto della stagione in poi ha smesso di andare veramente forte. Mezzo voto in meno per lo svarione al penultimo giro che gli nega la possibilità di attaccare Webber, in crisi col Kers. Ma comunque bravo. Lottatore.

Fernando Alonso: 9 – Le prova tutte, in pista e fuori. Prima striglia la squadra, con un’uscita alla Assessore Cangini del tipo «Fatti, non p….tte!!!». Poi se la prende -metaforicamente- con Vettel, urlando ai quattro venti che il suo vero avversario è Newey e non il tedesco. Quindi, in gara, tenta la mossa Ken il Guerriero, quella del “ho toccato il tuo punto di pressione, tra venti giri la tua macchina esploderà”, tra gli applausi scroscianti del pubblico pagante costituito dall’ingegner Andrea Stella che si sdilinquisce in complimenti via radio che fanno anche un po’ sorridere per la loro ingenuità. La mossa gli riesce, invero, peccato che sbagli il bersaglio e a cedere sia il Kers meno pregiato, quello di Webber, il che gli frutta comunque una posizione. Tutto bene, dunque, o quasi. Ci buttiamo là un quasi perché, nonostante la prestazione sia ottima, qualche crepa nella sua granitica determinazione inizia a spuntare. Lo vedi ad esempio quando in qualifica senza un errore Massa poteva stargli davanti. Ecco, proprio questa riduzione della differenza di prestazioni -il Delta, secondo l’impeccabile ingegner Bruno, definizione che rimette in circolo le conoscenze di Fisica dei tempi del Liceo- è forse il termometro di un pizzico di appannamento che, per carità, potrebbe anche starci, ma che non fa ben sperare. Solo ipotesi, beninteso, frutto di un’analisi da divano e da quattro soldi. Ma chissà. Ottiene comunque il massimo. Pressante.

Felipe Massa: 7 – A noi è piaciuto di nuovo. Soprattutto in prova, quando rischia di mettersi dietro addirittura il caposquadra. Poi in gara fa quel che può, perde terreno dalle McLaren ma è bravo a tener dietro per tutta la gara la Lotus di Räikkönen. Che aveva qualcosa in più, non abbastanza per passarlo ma sufficiente a metterlo sotto pressione. A un certo punto, all’uscita dai box, il finlandese lo passa anche, ma Felipe è bravissimo a riprendersi il maltolto -anche grazie al DRS- in men che non si dica. Non è un fenomeno ma corre bene, porta a casa la pagnotta, che -così come per Webber- è quello che ci si aspetta da lui in questa fase del Campionato. Non puoi chiedergli miracoli. Il segreto, come cantava Daniele Silvestri, è sapersi accontentare. E noi, vista la crescita degli ultimi mesi, lo facciamo volentieri. Tonico.

Michael Schumacher: sv – Uno strazio, povero lui. Per la legge del contrappasso, dopo aver tamponato Vergne stavolta tocca a lui essere colpito da dietro dal francese, che -cresciuto evidentemente a pane e Ufo Robot- tira fuori l’alabarda spaziale e le lame rotanti e squarcia senza pietà la posteriore del crucco ponendo fine di fatto alla sua gara. Lui al solito è encomiabile, dopo la sosta gira su tempi migliori di quelli di Rosberg, poi a cinque giri dalla fine si ritira per un non meglio precisato inconveniente tecnico. Forse era il caso di farlo venti giri prima. Per una volta, contravvenendo ai nostri principi, evitiamo di dargli un voto, perché di fatto in India non ha praticamente corso. Nel corso degli anni in Ferrari ha avuto momenti fortunati, ci vogliono anche quelli oltre al talento per vincere quel che ha vinto lui. Ma di certo li ha scontati tutti in questi tre anni di Mercedes. Soprattutto in quest’ultimo, quello in cui paradossalmente è andato più forte. Peccato stia finendo così. Pacca sulla spalla, vecchio guerriero. Coscienza pulita e cuore grande. -3.

Nico Rosberg: 5 – La sua gara, la sua seconda parte di stagione, non hanno un accidenti di senso. Tutto sommato è quasi meglio esser buttato fuori nei primissimi metri di gara, come accaduto negli ultimi due appuntamenti, piuttosto che finire la corsa in queste condizioni. Manca la Q3, parte con gomme nuove ma la macchina non ha né ritmo, né velocità, né consistenza. Totalmente inaccettabile che un top team -come vorrebbe essere la squadra tedesca- in tre anni non riesca a tirar fuori una macchina decente, non riesca a raddrizzarla in corso d’opera e, alla quartultima gara della stagione, finisca -senza inconvenienti tecnici- fuori dai punti a più di un minuto e venti dal vincitore. Inaccettabile. I-N-A-C-C-E-T-T-A-B-I-L-E. Nel calderone ci mettiamo anche Nico, che in gara gira più lento di nonno Schumacher pur essendo tecnicamente in lizza per un posto nei punti. I vecchi piloti parlavano di fuoco al culo, per descrivere la voglia di far bene. A noi bastava un segnale, anche piccolo. Niente. Che accidenti di fine ha fatto il fuoco di Nico? Tutto sbagliato, tutto da rifare, direbbe Ginettaccio Bartali. Ti vien voglia di prenderli tutti a sberle. Povero Lewis. Seduto.

Kimi Räikkönen: 7 – Scommettiamo che la Lotus del 2013 avrà lo stesso diffusore e gli stessi scarichi della Ferrari di quest’anno? Pare che li abbia progettati, in gran segreto, un giovane ingegnere finlandese dagli occhi chiari, l’aria perennemente annoiata e l’alito pesante di vodka. Pare anche che questo tecnico una volta si dilettasse ad andare in macchina, e che andasse particolarmente forte. Soprattutto con le ruote scoperte, ma anche nei rally, dove quando non si metteva la macchina per cappello faceva divertire chi lo andava a vedere. Poi un giorno, dopo che per l’ennesima volta si era ritrovato con una vettura incapace di superare anche con il DRS, pare sia sceso e abbia mugugnato «Se non siete capaci di darmi una macchina che sul dritto vada in maniera decente, ci penso io». Certi talenti li riconosci anche da questo, dalla flemma con cui ti propongono soluzioni tanto geniali quanto inaspettate. Che poi copiare dalla Ferrari sia una buona idea, è tutto da dimostrare. Soprattutto se è quella di Massa. Ma l’importante è l’idea, di base. Chissà se almeno ad Abu Dhabi qualche grado di ala in meno al posteriore glielo daranno. Non crediamo reggerebbe un’altra gara tutta in scia. Designer.

Romain Grosjean: 6,5 – Si tiene lontano dai guai al via, ed è già una bella notizia. Non fa danni nemmeno dopo, e pure questo è un elemento che ci piace anzichenò. Si esibisce in un bel sorpasso a Maldonado -tirandosi dietro anche Senna, peraltro- passa Rosberg in crisi di gomme -chissà come mai- ed è autore di un’eroica resistenza a Button prima della sosta. Chiude nono, a punti, a una decina di secondi dal più blasonato compagno di squadra. Tutto questo per dire che la sufficienza ci può stare, comodamente. Non prende rischi inutili, ma è comprensibile, normale e per certi versi auspicabile. Si sta giocando la riconferma, pare ce l’abbia fatta a salvare il posto ma non si sa mai. E’ veloce, la squadra lo sa, e non deve dimostrarlo. Deve al contrario far vedere di sapersela cavare senza giocare agli autoscontri. In quest’ottica fa la gara che DEVE fare, niente di più e niente di meno. E allora avanti così. Prudente.

Paul di Resta: 5 – Da qualche gara non è più lui. Anche nella corsa di casa della sua squadra appare opaco, complessivamente meno efficace del compagno di squadra. Che soffra la velocità di Hülkenberg? Può darsi. Certo è che se arrivi dietro al vicino di garage e inizi a giustificarti accampando scusanti che più generiche non si può, tipo il bilanciamento della macchina o l’aderenza complessiva, qualche dubbio ci viene. Dopo un bell’inizio di campionato ora arranca, e la prestazione di domenica è lo specchio della sua condizione attuale. Non vorremmo avesse puntato tutto su una chance in Mercedes, trovandosi poi chiuso dall’arrivo di Hamilton. Chissà, potrebbe dircelo solo lui. Certo è che deve darsi una svegliata, perché l’altro Nico, Hülkenberg, sta scappando anche in classifica e pure in India porta a casa punti, a differenza del suo scialbo dodicesimo posto. Evanescente.

Nico Hülkenberg: 7,5 – Il biondino ci ha preso gusto e sforna un’altra bella prestazione, tosta e convincente. Ottimo al via, si sbarazza di Perez, Rosberg e Maldonado arrampicandosi in zona punti e non mollandola più. Nell’ultimo stint arriva a pressarlo Grosjean, ma probabilmente -visto anche quel che abbiamo scritto sul francese- entrambi sapevano che il risultato più logico sarebbe stato quello che si poi in effetti verificato, ovvero Nico ottavo nella gara di casa, Romain nono e tutti contenti. Impressionante la crescita in questa parte di stagione. Probabilmente nell’insieme uomo-macchina in questo momento è lui ad essere superiore, e non viceversa. Ha superato in classifica di Resta, e si sta conquistando la fiducia degli uomini della squadra a suon di gare coi fiocchi. Bravo.

Kamui Kobayashi: 5,5 – Non ci siamo. Al di là del fatto che nell’incidente con Maldonado è difficile assegnare responsabilità, c’è da ribadire che quest’anno troppe volte lui e il suo compagno di squadra hanno buttato via punti preziosi restando coinvolti in incidenti stupidi e probabilmente evitabili. E tra l’altro il ritmo di gara di Kamui in India era tutt’altro che esaltante. Tanto da essere infilato in tromba da Pérez. Dice di aver patito il troppo traffico, e in parte è anche vero, ma è una giustificazione che non regge fino in fondo. Probabilmente è nervoso, per ottenere la riconferma 2013 da Miss Kaltenborn gli servono soldi che non ha, è alla disperata ricerca di sponsor e ci sta che possa avere la testa da qualche altra parte. Ci sta, ma non gli evita l’insufficienza. Povero.

Sergio Pérez: 5Checo non ha problemi di riconferma, si è guadagnato addirittura il sedile in un top team, eppure continua a far danni. Guida di forza, troppo, lui che generalmente è maestro nell’amministrare le coperture, e divora il primo set di gomme in appena 14 giri. Torna in pista con una gran voglia di strafare, fa fuori Kobayashi come se fosse fermo ma poi per un banale errore di valutazione si tocca con Ricciardo forando la gomma posteriore destra. Rientra ai box, prova a riprendere la gara ma deve fermarsi e salutare la compagnia dopo appena venti giri. Peccato, perché velocisticamente stava andando bene e avrebbe potuto anche artigliare un punticino. Ma le gare durano fino alla bandiera a scacchi, e la spirale di irruenza e precipitazione in cui si è infilato da qualche gara a questa parte è francamente preoccupante. Soprattutto perché a breve entrerà in un mondo dove certi errori saranno tollerati ancora meno. Urge doccia gelata. Agitato.

Daniel Ricciardo: 6 – Viene inquadrato solo in occasione del contatto con Pérez, quando veste i panni di Jack lo Squartatore e, munito di ala anteriore, trafigge senza pietà la posteriore destra della Sauber. Oddio, in realtà forse è più Sergio ad andargli addosso che non il contrario, ma vabbè. Poco altro da segnalare, se non una partenza a rilento che lo fa finire dietro di Resta e lo condanna a rincorrere, come se già non bastasse una Toro Rosso tutt’altro che in palla. Difficile far miracoli, legittimo aspettarsi una gara regolare e senza errori. Che arriva, puntualmente. E allora, per una volta, siamo generosi e gli stampiamo una bella sufficienza piena sulla fiducia. Dice che ad Abu Dhabi le cose potrebbero andare diversamente. Glielo auguriamo, ma continuiamo a pensare che i problemi maggiori a Faenza non arrivino dal versante dei piloti. Chiedere a Buemi e Alguersuari per conferma. Regolare.

Jean-Éric Vergne: 6 – Chi di tamponamento perisce, di tamponamento ferisce. Non c’è niente di meglio che replicare allo spintone rimediato da Michael Schumacher a Singapore con una toccata che fora la gomma del tedesco e spedisce entrambi ai box. Classico incidente colpa più della circostanza che di uno dei piloti coinvolti. Prova a rimontare dal fondo ma ammette, con molta onestà, che la macchina non andava neanche a spingerla. Di fronte a cotanta onestà, chi siamo noi per giudicare il giovin transalpino? Nessuno. Ragion per cui -e anche in virtù del fatto che, pur rimontando dal fondo, almeno quindicesimo ci arriva- affibbiamo pure a lui la sufficienza. Non dimentichiamoci che stiamo sempre parlando di un deb, al volante di una vettura non esattamente di primo piano, che ha dunque tutto il diritto di perdersi, ogni tanto. Ingeneroso accanirsi, perbacco. Tagliatore [di Gomme].

Pastor Maldonado: 5 – Riguardo agli incidenti stupidi Pastor potrebbe davvero scriverci un libro. Tipo “Le mie Prigioni”, qualcosa come “Le mie Cagate”. La Williams andava, teneva un buon ritmo e anche visivamente appariva equilibrata e precisa. Ma che non fosse la miglior giornata per il venezuelano si era intuito quando, dopo pochi giri, aveva dovuto cedere all’attacco doppio di Grosjean e Senna. Lì però il problema era di gomme. Dopo la sosta invece va come un treno, raggiunge Kobayashi, lo svernicia, valuta male la differenza di velocità, rientra troppo presto e va a pizzicare l’ala di Kamui forando la posteriore destra. Che questi alettoni siano stupidamente troppo larghi e taglienti è risaputo. Ma proprio per questo, crist’iddio, un po’ di attenzione! Butta nel water punti preziosi e deve accontentarsi del sedicesimo posto, staccatissimo. Bravo è bravo, ma la propensione all’errore è preoccupante. Maldestro

Bruno Senna: 7,5 – Forse esagerato, come voto, ma motivato dalla gara tutta d’attacco del giovane brasiliano. Che fa vedere di avere gli attributi e si lancia in duelli all’arma bianca per tutta la gara, assecondato da una vettura che finalmente -per sua stessa ammissione- riesce a sentire. La confidence, come la chiamano gli inglesi, è una componente fondamentale per un pilota. Ci sono gli istintivi, come un Mansell, un Alesi, un Ayrton, in grado di andar forte con tutto, anche con una macchina sbagliata. E ci sono gli analitici, come Prost, per dire, che hanno bisogno di un mezzo a posto per tirar fuori il massimo e andare come il vento. Probabilmente Pastor appartiene alla prima categoria, Bruno alla seconda. Un limite? Forse, se si guidano vetture di seconda fascia. Ma eccezioni come la gara indiana rendono giustizia a un pilota troppo spesso bistrattato in maniera ingenerosa. Bello il sorpasso a Maldonado in scia a Grosjean, belli i duelli con Rosberg e Kobayashi, positivo il decimo posto finale. Voto eccessivo, dicevamo in apertura. Ma va bene così, dai. Bravo.

Heikki Kovalainen: 7 – Giudicare le gare dei piloti Caterham è noioso anche per noi. Figuriamoci cosa significa, per loro, guidare secondo lo stesso copione per tutto l’anno. Sei SEMPRE più veloce di chi hai dietro e allo stesso tempo SEMPRE più lento di chi hai davanti. Che noia che barba, che barba che noia, per dirla alla Vianello/Mondaini. Come di consueto è il più veloce dei tre team low cost, precede Petrov fino a quando l’anatema di Alonso, oltre a quello di Webber, non fa fuori anche il suo, di Kers. A quel punto il Vitalij gli si fa sotto e lo passa precedendolo al traguardo. Ordinaria amministrazione, dunque, come in tutto questo 2012. E sapete qual è la cosa più buffa? Se il campionato finisse oggi la Caterham sarebbe superata, in classifica, dalla Marussia. Roba da matti, vero? Folle.

Vitalij Petrov: 7 – Avete presente quanto scritto per Heikki? Beh, replicatelo. Non vale Kovalainen, se non in determinate condizioni, ad esempio sotto la pioggia. Ma ha imparato a stargli vicino, e considerato tutto non è affatto malaccio come prospettiva. Se poi, come in India, arriva qualche imprevisto, il Compagno Petrov è in grado di inserirsi con merito e di ricoprire lui il ruolo di leader del gruppo degli inseguitori. A fine gara sprizza entusiasmo da tutti i pori, ringrazia chiunque del team gli capiti a tiro, e ne ha ben donde, perché ha corso bene e senza fare errori o creare problemi nei doppiaggi. Tutto sommato un altro anno in F1 lo meriterebbe. Chissà, dopo due anni di purgatorio, cosa potrebbe combinare messo su una macchina un filino più veloce. Il sottoscritto sarebbe curioso, davvero. Crescente.

Pedro de la Rosa: 6 – L’assurdo della macchina meno veloce di tutto il mondiale è che oltretutto non frena nemmeno. E dire che, essendo appunto così lenta, non avrebbe bisogno di chissà cosa per fermarsi. Eppure, eppure. Pedro fa quel che può, gira anche dignitosamente, poi i dischi si scaldano sempre di più fino a farlo finire fuori strada costringendolo al ritiro a due terzi di gara. Poco altro da aggiungere, se non che -visto l’impegno che ci mette- avrebbe meritato miglior fortuna. Come sempre, del resto. Sfrenato.

Narain Karthikeyan: 6,5 – Al giro numero tre, udite udite, gli chiedono di raffreddare i freni. Dopo quindici km. Roba da matti. Eppure, che ci crediate o no, l’indiano è pure riuscito a finire la gara, seppur staccassimo e con un ritmo ben lungi dall’essere esaltante. Ma del resto cosa vuoi fare, già l’auto va piano ed è equilibrata come un ubriaco su una fune sospesa, se gli togli anche i freni sei a posto. A meno che il problema non sia proprio quello. Possibile che i due abbiano lasciato il freno a mano tirato? Questo spiegherebbe la lentezza e il surriscaldamento dei dischi. Quasi quasi è il caso di dirglielo. Risolto questo problema ad Abu Dhabi potrebbero addirittura vincere. Svelato [l’arcano].

Timo Glock: 5 – Quello che potrebbe, a fine stagione, essere l’eroe della Marussia per averle fatto fare il -momentaneo- sorpasso alla Caterham, in India è autore di una gara difficile e anonima. Al via sceglie il pertugio sbagliato e finisce dietro alle HRT. Poi si perde nel traffico e alla fine prende una paga gigantesca da Pic, che lo precede di parecchio sul traguardo. A suo dire la macchina sarebbe andata peggiorando nel corso del weekend, ottima al venerdì e lenta in gara. Bah. Di certo di gare storte il tedesco quest’anno ne ha avute diverse, la sua stagione è stata tutt’altro che impeccabile, soprattutto se confrontata con quella del suo giovane team mate. Salvata, tuttavia, dal risultatone di Singapore, che vale un Campionato. Ma non possiamo dargli la sufficienza, stavolta. Scialbo

Charles Pic: 7,5 – Eccolo, il Pic che ci piace, è finalmente tornato. Sveglio, rapido ad imparare, elegante nello stile, veloce e determinato. Sabato pomeriggio era infuriato per non aver saputo tirar fuori il massimo dalla Marussia, ma in gara si rifà con gli interessi. Al via guadagna cinque posizioni, lotta con le Caterham e tiene un ritmo inarrivabile per Glock, surclassandolo. Alla fine sarà diciannovesimo, ben davanti a Timo, più veloce di lui di quasi mezzo secondo anche sul giro più veloce. E dice che senza bandiere blu poteva anche pensare di agguantare Kovalainen. Bravo, bravissimo. A nostro parere la più bella sorpresa di questo mondiale e non è la prima volta che ve la raccontiamo. Giù il cappello. Eccellente.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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