Pagelle del Gran Premio del Giappone

Pagelle del Gran Premio del Giappone

A Suzuka Sebastian Vettel si rilancia nel mondiale con una perentoria vittoria davanti al compagno di squadra Webber. Terza la Ferrari di Alonso che limita i danni, davanti alle due McLaren di Button e Hamilton, vittima di un problema al cambio. Ritirati Massa e Kubica, buon sesto Michael Schumacher. Buona lettura!

Jenson Button: 7 – Con la McLaren c’è poco da inventarsi a Suzuka, il ritornello è chiaro sin da quando le vetture toccano l’asfalto per la prima volta. Lui tenta il solito numero, ovvero l’allungamento a oltranza dello stint -presto diventerà disciplina olimpica, pare- che però non ottiene i risultati sperati. Anzi, se non fosse per i problemi di Hamilton avrebbe pure avuto un effetto controproducente. Ma tant’è. In partenza aveva addirittura sopravanzato Alonso, salvo poi farsi ripassare poco dopo. Con un pizzico di grinta in più, forse, le cose sarebbero potute andare meglio. Ma sarebbe stato difficilissimo. Porta comunque fieno in cascina, tiene vive le speranze di mondiale ma sa bene che per tornare davanti servirebbe un miracolo. Noioso.

Lewis Hamilton: 8 – Se dopo due incidenti consecutivi in gara ti metti a picchiare duro anche nelle libere del terzo Gran Premio sei da prendere a sganassoni. Ma se ci rimetti cinque posizioni per la sostituzione anticipata del cambio e poi quello nuovo di zecca perde la terza marcia dopo mezza gara…. beh, allora forse è lecito essere un po’ più generosi. Passa metà gara dietro a Button, che probabilmente è più lento di lui a causa delle gomme diverse. Con pista libera inizia a tirare come si deve e prova a chiudere il gap con Alonso. Il tutto condito da un pregevole sorpasso a Kobayashi, uno non propriamente tenero… Poi, come già detto, la terza fa le valigie e lo abbandona. Tiene duro, lascia passare il compagno di squadra e conserva un quinto posto che è meglio di niente ma solo fino a un certo punto. Peccato, perché il passo era ben superiore a quello del compagno di squadra. Ora si fa durissima. Jellato.

Michael Schumacher: 7,5 – La classe non è acqua. E questo non si discute. Ne è riprova che quest’anno le gare più convincenti del tedesco sono state Montecarlo, Spa e Suzuka, ovvero le piste più impegnative. Corre con il coltello tra i denti -e non è una novità- con concretezza e raziocinio -evento raro, quest’anno- fino a raggiungere un meritatissimo sesto posto finale. A inizio gara passa con autorità Barrichello -un notevole dejà vu…- e tiene un ritmo regolare. Quindi dopo la sosta si ritrova alle spalle del compagno di casacca e cerca in tutte le maniere di attaccarlo. Pur essendo più veloce non ce la fa, ma gli mette lo stesso addosso una pressione infernale restandogli negli scarichi fino a quando non deve poi abbandonare la compagnia. Corretto, tenace, veloce, concreto. Bravo, insomma. Un punto in meno per il mancato sorpasso a Rosberg, ma sono quisquilie. Stoico.

Nico Rosberg: 7,5 – Si merita lo stesso voto del compagno di squadra. Meriterebbe un po’ di più perché, seppur con le gomme praticamente finite, riesce a tenerlo dietro fino a quando non sbatte, per colpe non sue. Meriterebbe un po’ di meno perché, al via, si pianta come un paracarro e perde una marea di posizioni (restando in qualche maniera coinvolto anche nell’incidente di Massa). Per cui salomonicamente gli assegniamo la stessa valutazione. Lotta come un leone con Buemi, rischiando tantissimo all’esterno della terribile 130R. Resiste con le unghie e con i denti al ritorno del 7 volte campione del mondo, un po’ per orgoglio un po’ per testardaggine un po’ perché resta un Signor professionista. E un po’ perché, a differenza del compagno di squadra, lui nel team ci correrà di sicuro anche l’anno prossimo. Previdente.

Sebastian Vettel: 10 – Per una volta il massimo dei voti non glielo può togliere nessuno. Ci aveva abituato ad una stagione infarcita di errori, errorini, erroracci, imprecisioni, castronerie. Ma a Suzuka sfodera invece una gara -anzi una giornata- praticamente perfetta. Si prende la pole position di forza, scatta benissimo al via e controlla il compagno di team senza problemi o patemi d’animo. Certo, la Red Bull a Suzuka è di un altro pianeta, molto più di quanto il cronometro a fine gara non dica, ma vivaddio le macchine bisogna ancora guidarle. E lui lo fa nel migliore dei modi. Si rilancia nel mondiale, e si presenta nel migliore dei modi allo sprint finale delle ultime tre gare. Sperando che non abbia una ricaduta… Formidabile.

Mark Webber: 7 – Forse è davvero il suo anno. Subisce Vettel in qualifica, sbaglia la partenza ma in un amen si ritrova di nuovo al secondo posto per via dell’assurdo ritiro di Kubica. Fa segnare il giro più veloce ma è l’unico acuto di un weekend sottotono, il secondo di fila. Che gli stia venendo il braccino, come si dice di solito? Chissà. Fatto sta che corre in difesa, controlla, non rischia e si accontenta. Un pilota profondamente diverso da quello ammirato fino a metà stagione. Che basti o meno per vincere il mondiale non si può ancora sapere. Certo è che a Suzuka ci aspettavamo di più. E non è certo questo il modo di convincere il già riottoso direttivo della Red Bull a puntare su di lui. Nervoso?.

Felipe Massa: 4 – Inutile, fastidioso, deleterio. Si qualifica in mezzo alla griglia, sbaglia la partenza, falcia l’incolpevole Liuzzi e pone fine alla gara di entrambi. Non proprio quello che gli aveva chiesto Montezemolo alla vigilia. Capiamo la demotivazione, capiamo tutto… ma che diamine!! Sconsiderato.

Fernando Alonso: 9 – «Adoro i piani ben riusciti», ripeteva il leggendario colonnello Hannibal Smith, comandante dell’A-Team, a missione compiuta. E lo stesso avrà esclamato Fernando dopo aver tagliato il traguardo. A Suzuka le Red Bull hanno davvero le ali, e l’obiettivo da conquistare è il terzo posto. Che puntualmente arriva. Fernando sbaglia la partenza -un must, oramai- ma recupera la posizione all’istante superando Jenson Button. Si installa al terzo posto e corre -per sua stessa ammissione- praticamente da solo fino a raggiungere l’ultimo gradino del podio. L’obiettivo massimo e, per certi versi, anche quello minimo. Per vincere il titolo da ora in poi dovrà correre in attacco, ma per Suzuka va bene così. Pianificatore.

Rubens Barrichello: 6,5 – Pronti-via ed è subito battaglia, direttamente dal film “La guerra dei Nonni”: Rubinho contro Michael Schumacher. Ha la meglio il tedesco, mentre il brasiliano fatica, perde terreno e a fine gara deve cedere -in pista- anche alle due Sauber. E non si capisce nemmeno bene perché, dato che in qualifica era andato fortissimo. Lui dice che la macchina scivolava, che mancava aderenza e che aveva molte vibrazioni. Chi può saperlo, s’interroga filosoficamente il pagellista. Raccoglie comunque qualche punticino, per cui la sufficienza ci sta, ma poco altro di più. Spompato.

Nico Hulkenberg: sv – Parte male e, per punizione, si becca un Petrov d’annata sulla ruota anteriore destra. Chiaro che partir male è una colpa, ma non si meritava una fine così ingloriosa. Peccato. Ingiudicabile.

Robert Kubica: 9 – Dei due piloti Renault è quello che resta in gara più a lungo: due giri. Alla squadra poteva andar meglio, decisamente. Semplicemente spettacolare in qualifica, splendido al via quando infila Webber e si inserisce tra le Red Bull. Poi all’improvviso la posteriore destra se ne va e lo lascia su un triciclo. Impossibile proseguire. Meriterebbe un votone solo perché non pianta un casino leggendario ai box scagliando tuoni e fulmini. E infatti evitiamo il senza voto e lo promuoviamo pienamente. Signori si nasce.

Vitaly Petrov: 4 – Fa esattamente quello che ci si aspetta da un pilota che cerca di puntellare un sedile traballante: distrugge la vettura dopo nemmeno 300 metri dal via. Coinvolgendo pure un altro pilota. E dire che era pure partito bene. In altri tempi sarebbe finito in un Gulag di Stalin. Scriteriato.

Adrian Sutil: 7 – La sua è una gara di fatica, sudore, tenacia. E meritava un esito migliore. Si inventa una gran partenza che gli fa recuperare tante posizioni, poi però deve fare i conti con una vettura capricciosa, ballerina e soprattutto instabile. Deve cedere a Kobayashi, ma resiste in zona punti finché, a fine gara, una fumata bianca gli fa capire che non andrà lontano. Oltretutto assieme al fumo esce anche olio, e succede proprio alla 130R, la curva più difficile di tutto il tracciato. Rischia tantissimo finendo in testacoda ma è bravissimo a non sbattere e riporta la vettura ai box, inondando la pista il meno possibile d’olio. Peccato, meritava di portare a casa qualche punticino. Ma le corse sono anche così. Bastonato.

Vitantonio Liuzzi: sv – Parte benissimo. Anche troppo. All’improvviso gli piomba addosso la Ferrari impazzita di Felipe Massa -se fosse impazzito anche il pilota non ci è dato sapere- che lo falcia senza pietà costringendolo al ritiro. Non gliene va bene una. A fine gara sconsolato ammette «non è il mio periodo». Ce n’eravamo accorti. Poveraccio.

Sebastien Buemi: 6,5 – Ci si accorge subito della sua presenza quando, a caldo, resiste rudemente all’attacco dI Rosberg accompagnandolo quasi all’esterno della 130R. Tanta, tanta grinta, che ci è piaciuta. Poi punta tutto sul ritmo e -soprattutto- sul tenersi lontano dai guai. Una strategia che paga, fino al decimo posto finale che gli regala un punto tanto insperato a inizio gara -aveva pure mancato l’ingresso alla Q2- quanto Benvenuto. A differenza della sorellara maggiore, a Suzuka la Toro Rosso proprio le ali proprio non ce le ha. Cosa volere di più dunque? Mah, tutto sommato niente. Per i miracoli ripassare… Scaltro.

Jaime Alguersuari: 5,5 – Va tendenzialmente meglio del compagno di squadra, anche in virtù di una qualifica migliore, poi però entra in rotta di collisione con Kobayashi e ci rimette l’alettone anteriore. L’attacco di Kamui è più che duro, durissimo. Lui esagera a resistere? Tutto sommato no, secondo noi. Certo, ci rimette un punto, ma in in alcune occasioni è meglio tirar fuori gli attributi che far la formichina ad ogni costo. Per cui decidiamo di assegnargli la sufficienza lo stesso. Consci peraltro che alla prima occasione restituirà la carineria al buon Kamui. Determinato.

Jarno Trulli: 6,5 – Batte Kovalainen in qualifica, ed è già una bella notizia. In gara tenta l’azzardo cambiando le gomme subito, all’ingresso della Safety Car. Esce dai box e si ritrova bloccato dietro alla HRT di Yamamoto. Riesce però a liberarsene in tempi tutto sommato brevi -a Glock, per dire, non bastano 20 giri…- e da lì ha pista libera per impostare il suo ritmo. Gira sugli stessi tempi di Kovalainen, che non si è fermato, e alla fine quando quest’ultimo esce dai box si ritrovano praticamente appaiati. Procede di conserva fino al traguardo e ottiene un ottimo tredicesimo posto finale. Quando non si rompe niente riesce ancora a fare la sua porca figura. Bravo.

Heikki Kovalainen: 6,5 – Non merita niente di meno di quanto concesso al compagno di squadra, se non altro perché gli arriva davanti. E’ il più veloce di tutti i piloti dei nuovi team, ancorché inquadrato pochissimo. Parte con le morbide, accumula un vantaggio sufficiente per non perdere posizioni al pit stop e rientra -con le dure- proprio davanti a Jarno. Con le nuove gomme la macchina va addirittura meglio e così conserva la posizione senza patemi fino al dodicesimo posto finale. Per un piLotus -scusate……- è quanto di meglio si possa ottenere oggi. Ottimizzatore.

Sakon Yamamoto: 6 – Per una volta non viene inquadrato solo nei doppiaggi ma resta davanti all’occhio delle telecamere anche per come resiste in maniera eroica a Jarno Trulli prima e -soprattutto- a Timo Glock poi. La sua HRT scoda come una biscia ma lui lotta contro di lei e contro gli avversari pur di non cedere di fronte al suo pubblico. E alla fine il tedesco lo passa solo ai box. Chiude buon ultimo, e non è una novità, ma stavolta ci ha messo cuore e attributi. O meglio, si sono visti i risultati. La sufficienza è -praticamente- d’obbligo. Generoso.

Bruno Senna: 5,5 – Diversifica la strategia rispetto al compagno di squadra e alla fine gli arriva davanti. Però la sua gara è più scialba e monotona rispetto al padrone di casa. E, oltretutto, becca mezzo secondo nel computo dei giri più veloci. Lo sappiamo, lo sappiamo, ci comportiamo da faziosi. Ma per una volta vogliamo premiare l’impegno. E’ anche a costo di diventare antipatici, penalizziamo il buon Bruno a vantaggio dell’altrettanto buon Sakon. Dare sei a tutti e due sarebbe troppo, sei e mezzo a Yamamoto figuriamoci, per cui… Sacrificato.

Nick Heidfeld: 8 – Alla seconda gara torna a punti, e non ci pare proprio male. Certo, non stiamo parlando di un novellino, però non è mai facile tornare in pista e ritrovare il ritmo gara. Lui paga un po’ di ruggine non riuscendo a passare Barrichello in pista, ma a questo ovvia la sua crew richiamandolo anticipatamente ai box e permettendogli di saltare davanti al veterano paulista. Poi a fine gara si trova addirittura davanti a Kobayashi, ma quando il jap gli arriva addosso come un treno non può resistergli e gli si accoda fino ad un eccellente ottavo posto finale. Chiedergli di più sarebbe utopia. Forse anche chiedergli di finire già a punti sarebbe stato troppo. Ma lui ce la fa. Certo, pensiamo a De La Rosa e ci viene un po’ di tristezza. Specie perché lo spagnolo ha pagato spesso colpe non sue (vedi la morìa di motori a inizio stagione). Ma oramai è andata così, e in guerra ci si va con i soldati a disposizione, non con quelli in congedo. Bentornato.

Kamui Kobayashi: 8 – Feroce, semplicemente feroce. Grintoso lo è sempre stato, ma l’aria di casa gli fa saltare il neurone e lo trasforma nel più feroce dei Samurai. Passa Algersuari -due volte-, Sutil, Barrichello ed Heidfeld, se non andiamo errati. Corre con il coltello tra i denti e -passateci l’immagine truculenta- il fuoco sotto il sedere. Mostra, oltretutto, un’astuzia niente male quando effettua i sorpassi al tornantino, uscendo di traiettoria solo all’ultimissimo momento utile. Rischia tantissimo al secondo tentativo con Algersuari, quando i due si toccano e si ritrova con la fiancata danneggiata. Ma sono solo cicatrici riportate in battaglia. L’unica macchia – o per meglio dire onta- è il sorpasso subito da Hamilton. Due paladini in singolar tenzone, potremmo dire, visto che si tratta dei due piloti più abili in questo tipo di manovre. Ma per il resto applausi a scena aperta. Sanguinario.

Timo Glock: 5 – All’uscita della safety car si regala non uno, ma due pit stop, per ritrovarsi con le morbide e tirar dritto fino a fine gara. Sulla sua strada trova però un ostacolo insospettabile: Yamamoto. Il giapponese lo tiene dietro sfruttando tutto quello che la sua vettura ha a disposizione, e lui pur più veloce è costretto ad attendere la sosta ai box per superarlo. Questo, solo questo. gli vale la bocciatura: da uno come il tedesco, solito correre sempre all’attacco, non ci aspettiamo che non riesca a passare una HRT. Nemmeno al volante di una Virgin. E il quattordicesimo posto finale non ci impietosisce. Molle.

Lucas Di Grassi: iq – Che sta per InQualificabile. Distruggere una vettura nel giro di ricognizione rischiando di farsi, peraltro, molto male, è una cosa che non merita altri aggettivi. InQualificabile.

Manuel Codignoni
www.f1grandprix.it

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