Newey e l’incidente di Senna: quando gli incubi durano anni

Newey e l’incidente di Senna: quando gli incubi durano anni

Ci sono delle volte in cui, soprattutto a distanza di anni, si dovrebbe riflettere sulle proprie intenzioni e ragionare sull’opportunità di parlare a sproposito o meno.

La memoria di Ayrton Senna, in 17 anni, è stata più e più volte chiamata in causa per ripercorrere gli istanti dell’incidente che lo ha portato via alla Formula 1 e al mondo.
A fronte di una verità certa e provata, si continua parallelamente a percorrere una strada cosparsa di ipotesi che non hanno niente a che vedere con quello che è successo veramente il fatidico 1° Maggio 1994.
Intorno a quel giorno, e a quell’evento, troppi pezzi del mosaico sono scomparsi misteriosamente, troppe lacune sono state lasciate incolmate e rimarranno tali.

Quello che però dà parecchio fastidio, in questo caso, è l’insulto all’intelligenza dell’appassionato che arriva direttamente dall’Ingegnere più geniale della Formula 1 degli ultimi lustri, vale a dire Adrian Newey. A 17 anni di distanza, Newey torna a parlare di quell’incidente, indicando una fantomatica foratura come causa dell’uscita di pista di Ayrton.

Al di là del fatto che non si comprende la necessità di rilasciare una dichiarazione del genere, quasi come a voler scaricare il barile con qualche tempo di ritardo, anche i muri conoscono le sequenze tragiche di quel giorno. Tutti sanno che la causa di tutto è stata la rottura del piantone dello sterzo. Tutti sanno che quello sterzo si è rotto perchè tagliato, allungato con un pezzo di sezione minore e saldato come potrebbe fare una qualsiasi persona e non dei tecnici di Formula 1. Tutti sanno che, nonostante la richiesta arrivasse direttamente da Senna causa impossibilità di guidare la Williams (toccava con le nocche delle mani l’interno abitacolo), questa è stata eseguita, passateci il termine, da cani.

Addirittura, per non farci mancare nulla, ipotesi parlano di una modifica al piantone effettuata non durante il weekend di Imola (e quindi in fretta e furia), ma addirittura a margine del primo GP stagionale in Brasile.

Per rinfrescarvi la memoria, ricordiamo inoltre che Senna corse (e nemmeno tutta causa testacoda) solo la gara del Brasile. Ad Aida, infatti, fu colpito da Hakkinen alla prima curva e, di fatto, percorse solo poche centinaia di metri. Se l’ipotesi modifica ad inizio stagione fosse corretta, tra prove e gara quel piantone potrebbe aver resistito più o meno 500 km, non di più. Cosa sarebbe costato costruirne uno nuovo almeno per la prima gara in Europa?

Tornando a Newey e alla foratura, non capiamo chi potrebbe credere ad un’ipotesi simile. Al di là del fatto che il processo ha chiarito che nessun pneumatico era forato, da qualsiasi ripresa si evince che non può essere come dice l’allora Ingegnere Williams. D’altronde, l’inquadratura in diretta, con la vettura di Ayrton ‘ripresa’ dalla cameracar di Schumacher, era stata abbastanza chiara.

Vogliamo ipotizzare una foratura ‘progressiva’ di uno qualsiasi dei pneumatici? Beh, sarebbe stata sicuramente avvertita da Ayrton, il quale avrebbe rallentato. Anche perchè alla foratura di una gomma corrispondono l’abbassamento dell’altezza della vettura su quel gruppo sospensivo e il sollevamento della gomma opposta in diagonale (ricordatevi Schumacher in Brasile nel 2006). Immaginando la foratura della posteriore destra di Ayrton, a questa sarebbe corrisposto il sollevamento dell’anteriore sinistra. A 300 all’ora? Improbabile.

Vogliamo invece ipotizzare lo scoppio di un pneumatico (cosa non successa, dal cameracar di Schumacher non si nota alcun evento del genere)

Ecco cosa succede in tal caso e a tali velocità

Gilles Villeneuve, alla curva poi a lui intitolata, sempre a Imola, 1980.

Oppure, se vogliamo citare altri esempi, Ralf Schumacher a Indianapolis, 2004 (con la Williams) e 2005 (con la Toyota).

Insomma, da qualsiasi parte la si voglia vedere, ogni ipotesi che non sia quella della rottura dello sterzo cade di fronte all’evidenza dei fatti. Pur di pulirsi la coscienza, qualcuno ha parlato anche di un malore di Ayrton. E come avrebbe frenato la Williams nell’ultimo secondo e mezzo, da sola? La telemetria parla chiaro.

Ok, non stiamo a dilungarci. Anche perchè, chi ha seguito le vicende che sono susseguite all’incidente per diverso tempo, conoscerà a memoria tutto.

Resta il fatto che dichiarazioni del genere, oltre a girare il coltello nella ferita di chi tifava Ayrton, lasciano trasparire una sorta di disagio interiore. Se dopo 17 anni c’è ancora bisogno di cercare una verità a tutti i costi per autoconvincersi di non avere indirettamente colpa in quello che è successo, evidentemente questi anni sono stati molto, molto lunghi. E lo saranno anche quelli successivi.

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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