Montecarlo: una zona franca in ambito sicurezza

Montecarlo: una zona franca in ambito sicurezza

I diversi incidenti che hanno caratterizzato il weekend di Montecarlo hanno riaperto, dopo un discreto periodo di calma, il capitolo sicurezza in Formula 1.

Possiamo definire quella del Principato LA pista del Mondiale. Un riassunto di fascino, storia e pericolosità unico tra le gare del Campionato. Caratteristiche che nessuno dei nuovi tracciati entrati a far parte del circus potrà mai pareggiare.
Montecarlo, però, con la sua storia, le sue strade strette e la folle velocità con la quale la si attraversa, rimane una zona franca per quanto riguarda la sicurezza tanto ricercata e voluta dalla Federazione.

Tanto lavoro sulla sicurezza, ma c’è ancora da fare
L’incidente di Sergio Perez, per fortuna senza conseguenze dopo attimi di paura, ha fatto storcere il naso ad alcuni piloti.
Prima di tutto, perchè quello del giovane messicano è stato l’ultimo di una serie di tre uscite di pista, condizionate da una caratteristica comune. Vale a dire un piccolo dosso in uscita dal tunnel che, combinato al punto di frenata e alla leggera piega a destra prima della chicane, ha condizionato i tre episodi.
Riguardando le immagini degli incidenti di Petrov, Rosberg e Perez, infatti, si nota come la dinamica sia fondamentalmente identica.
Dosso, auto che sobbalza e punta verso il guard-rail proprio in accenno di frenata, senza possibilità di correzione da parte del pilota. Se Petrov ne è uscito con soli danni all’auto, mentre Rosberg ha sfiorato le protezioni fermandosi qualche decina di metri più avanti, Perez ha rischiato davvero di farsi male.

C’è da dire in primis che queste vetture sono troppo sensibili agli avvallamenti del tracciato. L’assetto così basso le rende instabili al primo pericolo. Tant’è vero che in Formula Renault e GP2 non si sono visti problemi di sorta in quel tratto. Alcuni piloti come Webber e Massa hanno puntato il dito contro quel dosso, ma bisogna anche riflettere sulle monoposto.

Le protezioni alla chicane sono state riviste più volte nel corso degli anni. Specialmente dopo il 1994, anno in cui Karl Wendlinger ha di fatto posto la parola fine sulla sua carriera di pilota in F1, con un incidente simile, due settimane dopo la scomparsa di Senna e Ratzenberger. Anche Jenson Button, nel 2003 con la Honda, ha avuto a che fare con le protezioni, senza fortunatamente rimediare danni fisici. In generale, comunque, quel tratto è sicuramente il più pericoloso oltre che il più veloce del circuito.

La sicurezza fa bene allo spettacolo?
Abbandoniamo un attimo il discorso principale, e apriamo una parentesi.

Velocità e pericolo vanno di pari passo con lo spettacolo. Quello vero, non quello del DRS e del KERS.
Ci spieghiamo meglio. La sicurezza è fondamentale, e ci mancherebbe. L’incolumità di Perez è il risultato di anni di studi, di crash test, di migliorie. E per questo tutti ringraziamo le Federazione. Ora però c’è il paradosso. Perchè, all’aumentare della sicurezza, diminuisce lo spettacolo. In che senso?

Vi poniamo un esempio. Nell’attuale calendario sono presenti circuiti ‘storici’ e circuiti nuovi. I primi, in questi ultimi anni, sono stati rivisti con la modifica delle vie di fuga, allungate e in asfalto al posto della sabbia e quant’altro. Gli ultimi, di ‘nuova generazione’, sono stati studiati prevedendo già ampie via di fuga, anch’esse asfaltate. Ottime per la sicurezza, per carità, ma il risultato è che il pilota non ha più il ‘senso’ del limite. Chi sbagliava, prima, pagava (caro, con il ritiro magari). Mentre ora si perde un secondo, massimo due, ma si è ancora in gara. Non si riesce più a distinguere tra chi ha il fegato e chi no, perchè manca quella componente di rischio che, anni fa, ci faceva capire chi aveva gli attributi per premere in un certo punto e chi era più conservativo.

Tornando all’argomento principale, possiamo comprendere come i piloti attuali, abituati ad uno standard di sicurezza elevatissimo, arrivati a Montecarlo si sentano un po’ meno al sicuro, sebbene in calendario ci siano altri due tracciati ‘cittadini’ (Valencia e Singapore). In una F1 votata alla sicurezza, è quindi strano vedere ancora Montecarlo tra le piste del Mondiale.

Montecarlo sì, Montecarlo no
Cosa fare, allora, con il Principato? Non ci sono molte soluzioni, purtroppo. Per motivi chiaramente logistici non si può pensare di porre modifiche strutturali al tracciato, visto che parliamo di un cittadino. Il Layout, oltretutto, è già stato spremuto fino al limite possibile. La chicane dopo il tunnel è stata rivista ad inizio anni 80, a metà anni 90 si è provveduto alla predisposizione di barriere per l’assorbimento degli urti. Si può lavorare ancora su questo fronte. E’ di oggi la notizia che le barriere in fondo al tunnel verranno allontanate di qualche decina di metri, ma più di così non sappiamo quanto sia possibile operare. L’ingresso delle piscine è stato anch’esso rivisto, con una linea più ‘morbida’ e guard-rail spostati più indietro. Guard-rail che sono stati eliminati anche all’ingresso della Sainte Dévote, per evitare pericoli soprattutto in partenza.

Concludendo..
Se parliamo di motivi storici, poi, un Mondiale senza Montecarlo sarebbe un Mondiale diverso, senza la sua ‘perla’. Quindi è anche difficile immaginare un Calendario senza Monaco in nome della sicurezza. Non ci resta che attendere le eventuali ulteriori decisioni in merito da parte della Federazione. Nella speranza, ovviamente, che non ci sia più bisogno di parlare di sicurezza in futuro.

Alessandro Secchi
F1Grandprix.it

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