Interlagos “incorona” Max Verstappen come top driver

Verstappen come Senna e Schumacher? L’olandese ha le stimmate del campione, ma è sempre difficile comparare piloti e monoposto di epoche completamente differenti

Interlagos “incorona” Max Verstappen come top driver

Se il penultimo appuntamento iridato della stagione, andato in scena l’ultima domenica di ottobre in quel di Città del Messico, aveva portato in dote il processo nei confronti delle decisioni (discutibili) prese dalla direzione gara in ambito sanzionatorio, il 20° round della stagione – disputato meno di 48 ore fa sulla pista di Interlagos – ha di fatto riabilitato agli occhi dell’opinione pubblica l’enorme talento di cui dispone Max Verstappen.

Da quando nel maggio scorso è approdato in Red Bull, al posto di Daniil Kvyat retrocesso in Toro Rosso, l’olandesino ha mostrato comportamenti in pista e fuori non certo encomiabili che, giustamente, hanno fatto storcere il naso ai suoi colleghi ma anche a tutti gli appassionati di Formula Uno che  hanno etichettato il giovane Max come “cavallo pazzo”. Ed è proprio sulla sfera comportamentale e caratteriale che il figlio di Jos deve dirottare i ravvedimenti e le correzioni maggiori.

Perché in quanto a classe e puro istinto di guida, beh… c’è poco da aggiungere e correggere. Ma già al Montmelò, alla prima apparizione in un top team, Verstappen aveva fatto comprendere le sue enormi potenzialità con una storica vittoria che di fatto aveva aumentato le sensazioni sul suo ruolo da predestinato. Alla faccia del pilota “robot” cresciuto a pane e simulatore.

Domenica su un tracciato vecchio stampo come quello di Interlagos abbiamo assistito a qualcosa che non si vedeva da svariati anni: una folle rimonta in condizioni meteo estreme. La scelta strategica suicida della Red Bull di montare gomme intermedie sembrava aver condizionato in negativo la gara di Verstappen, invece l’olandesino si è rimboccato le maniche (come si usa dire in gergo) trasformando un errore in applausi a scena aperta, mettendo così in secondo piano la sfida iridata tra Lewis Hamilton e Nico Rosberg. A proposito del tedesco. Nico dovrebbe ringraziare i “geni” degli strateghi di Milton Keynes perché senza quella scelta (insensata) si sarebbe sicuramente presentato ad Abu Dhabi, sede il prossimo 27 novembre dell’ultimo appuntamento iridato della stagione, con un vantaggio minore nei confronti di Hamilton rispetto agli attuali 12 punti.

Tornando alla rimonta compiuta da Verstappen, ciò che ha sorpreso maggiormente è stata la determinazione, la rabbia e quel pizzico di rischio che alla fine hanno pagato. Ci fosse stato un altro pilota alla guida della Red Bull numero 33 forse avrebbe desistito, viste le condizioni della pista e gli incidenti occorsi in precedenza ad altri piloti (uno su tutti quello di Kimi Raikkonen sul rettifilo principale), consapevole che sarebbe cambiato poco o nulla sull’economia della propria stagione. Ed è proprio questa la grande differenza che intercorre tra un normale pilota e un top. Non sentirsi mai appagato, mai domo, superandosi anche quando si farebbe bene a correre in “difesa”.

Quasi tutti i sorpassi compiuti da Verstappen durante la rimonta (11 in 15 giri, che lo hanno portato dalla P14 occupata nel corso del 55° giro alla P3 al termine della 70esima tornata) hanno lasciato a bocca aperta tutti coloro che domenica pomeriggio sono rimasti incollati dinanzi alla tv. Le manovre su Ricciardo, Vettel (non ce ne voglia il buon Sebastian, ma in questo caso non c’erano le motivazioni necessarie per lamentarsi nei confronti del giovane rivale, autore di un sorpasso pulitissimo alla Subida do Boxes) e Perez hanno stupito per la spontaneità, naturalezza e facilità con cui sono state messe a segno. Proprio ai danni del pilota della Force India, l’olandesino aveva compiuto lo scorso anno – sempre ad Interlagos – un sorpasso all’esterno della S di Senna che aveva deliziato la torcida brasiliana. La storia, ad un anno di distanza, si è ripetuta anche se in questo caso il coefficiente di difficoltà era notevolmente maggiore per ovvi motivi.

Dopo l’escalation compiuta domenica, i paragoni tra Verstappen e le imprese dei grandi del passato in condizioni analoghe non si sono certo fatti attendere, come capita spesso in questi casi. In molti hanno paragonato la prestazione del pilota della Red Bull a quelle compiute da Ayrton Senna con la Toleman nel 1984 a Montecarlo e con la McLaren nel 1993 a Donington, con quel primo giro effettuato dal brasiliano sul tracciato britannico entrato di diritto nei libri di storia della Formula Uno. Non è mancato neanche il confronto con la prestazione monstre di Michael Schumacher al Montmelò nel 1996, che coincise con la prima affermazione in Ferrari del Kaiser. Vero, Verstappen ha le stimmate del campione (chi scrive lo pensa realmente, fin da quando Max ha emesso i primi vagiti in Formula Uno alla guida della Toro Rosso), ma è sempre difficile fare paragoni tra piloti e monoposto di epoche completamente differenti.

Una cosa però è certa: il tempo è dalla parte del giovane olandese che potrà continuare in futuro a scrivere altre belle pagine di sport come quella andata in scena domenica ad Interlagos. Anche perchè se la Red Bull dovesse realmente realizzare una monoposto da titolo già dal prossimo anno (una possibilità che non va assolutamente esclusa, visto che con il nuovo regolamento l’aerodinamica tornerà ad essere una componente fondamentale), Verstappen non si farebbe sfuggire l’occasione di andare alla caccia della massima posta in palio, facendo eventualmente suo anche un altro primato: quello di più giovane pilota campione del mondo nella storia della Formula Uno. Sarebbe una notizia buona per lo spettacolo in pista, meno per Mercedes e Ferrari.

Piero Ladisa 

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