I 100 Gran Premi più ricordati di sempre: Monza ’67

I 100 Gran Premi più ricordati di sempre: Monza ’67

Tra le tante gare disputate a Monza quella che andremo raccontando è stata sicuramente una delle più belle ed emozionanti di sempre, tanto che in precedenza qualche nostro lettore ci ha rammentato il fatto che non ne avessimo ancora parlato. Per chi invece fosse troppo giovane per l’epoca o non ne avesse minimamente la conoscenza, vi racconteremo quanto accadde quel weekend.

Ci troviamo nel decennio in cui le monoposto inglesi fanno manbassa di podi: Brabham, BRM, Cooper, Lotus e McLaren le principali scuderie, con la Ferrari unica forza in grado di portare a casa due titoli piloti nel 1961 con Phil Hill e tre anni dopo con John Surtees. Il 1967 si rivela essere un anno tutto ‘British’ e dopo otto Gran Premi la classifica vede in testa Denny Hulme (Brabham-Repco) con 43 punti, seguito dal compagno e fondatore della scuderia Jack Brabham a 34, Chris Amon a 20 (Ferrari), Jim Clark a 19 (Lotus) e Pedro Rodrìguez a 14 (Cooper).

Si arriva al nono appuntamento del Campionato, Monza per l’appunto, quando si è agli inizi di settembre, proprio come i giorni nostri. Il circuito è un ottimo banco prova per testare nuovi pezzi o addirittura monoposto completamente aggiornate, in quanto occorre essere molto veloci ma anche dimostrare resistenza, in questo caso dei componenti meccanici. La prima sorpresa il venerdì è data da Enzo Ferrari, che annuncia come pilota per quello che è il GP di casa il solo Amon, poiché convinto che in terra nostrana non vi siano piloti in grado di guidare una Formula Uno dopo la scomparsa di Lorenzo Bandini. Per l’unica monoposto (numero in codice 0007) venne montato un nuovo propulsore da 3.0 litri V12, dove la novità stava nei cilindri con quattro valvole in abbinata al nuovo cambio, testato precedentemente sul tracciato del Nürburgring. La Cooper porta anch’essa un aggiornamento del suo propulsore V12 a 36 valvole, mentre a livello aerodinamico viene montato un anteriore più affilato e basso. La Brabham punta molto sul nuovo telaio che ricopre anche la parte posteriore della vettura, cosa insolita per l’epoca, al fine di sfruttare al massimo i flussi d’aria, mantenendo inalterato il motore Repco, famoso per la sua solidità. Nessuna novità in casa Lotus se non lo schieramento di una terza vettura guidata da Baghetti, potenza garantita dai 400 cavalli dell’otto cilindri Ford-Cosworth. BRM porta una versione alleggerita della monoposto per Stewart mentre rimane inalterato il gigantesco propulsore V16. La Honda riesce invece nell’impresa di preparare una nuova vettura in sole sei settimane (denominata RA300), montandola presso le officine private di Surtees, sebbene i pochi chilometri effettuati nei pressi di Goodwood non abbiano permesso di capirne le reali potenzialità.

Le prove libere, ma con tempi validi come qualifica si svolgono in due sessioni, una il venerdì pomeriggio ed una il sabato mattina, entrambe della durata di tre ore. All’inizio un po’ tutti i piloti scendono cautamente in pista per testare i rispettivi aggiornamenti, tanto che il miglior tempo dell’anno precedente, detenuto da una Ferrari (1’31”300), non viene minimamente avvicinato. Il primo a far abbassare nettamente il crono è Chris Amon con la Ferrari 312, che stacca un 1’29’’400 che viene dopo poco battuto da Clark e la sua Lotus, più veloci di 9 decimi dopo aver trovato il giusto compromesso tra i rapporti di cambiata per il circuito brianzolo. Quello che si nota comunque è che il pilota inglese non ha spinto al massimo delle sue capacità, forse per non mostrare il vero potenziale della sua Lotus 49 o forse per non correre inutili rischi, fatto sta che si mormora nei box che possa migliorarsi di oltre un secondo.

Il sabato le prove cominciano alle 15.30 ed i piloti fanno giusto in tempo a percorrere qualche giro prima che uno scroscio di pioggia cominci a bagnare parte del circuito facendoli fermare ai box. Quello che sembra essere un temporale passeggero risulta invece stabilirsi perennemente sul tracciato, tanto che la sessione viene prolungata fino alle 19 ma non vi è nulla da fare e scendere in pista con l’asfalto così viscido risulta un gran rischio per tutti. La pole viene così assegnata a Clark grazie al tempo fatto segnare precedentemente – ad una velocità media di 235 km/orari – seguito a soli tre decimi da Brabham, abile a sfruttare anche le scie offerte dai rivali nel suo giro lanciato.Terzo tempo per Bruce McLaren (1’29’’310) affiancato da Chris Amon (1’29’’350), poi Dan Gurney (Eagle-Weslake), Denny Hulme (Brabham-Repco), Jackie Stewart (BRM), Graham Hill (Lotus-Cosworth), John Surtees (Honda) e Ludovico Scarfiotti (Eagle-Westlake) con il tempo di 1’30’’800 a chiudere la top ten.

La domenica per fortuna il cattivo tempo si è diradato ed il sole si mostra sopra l’Autodromo. Le auto si schierano in griglia per attendere il segnale di partenza da parte del giudice, l’atmosfera è davvero carica e sembra che ognuno voglia vincere, facendo salire al massimo i giri del proprio propulsore, quasi a mettere paura agli avversari proprio come farebbe un animale pronto ad attaccare. Evidentemente anche in direzione gara sono alquanto emozionati, un po’ troppo al dire il vero, tanto che viene dato erroneamente il via con circa 30 secondi di anticipo. Il povero Clark non capisce cosa stia succedendo mentre dietro Brabham parte a razzo, tanto da far slittare per parecchi metri le sue gomme in seguito ad un pessimo rilascio di frizione. Il resto del gruppo allora intende che la corsa sia cominciata e si lancia al suo inseguimento, tanto che Clark, ancora mezzo fermo, viene urtato da Amon. Ormai al commissario di partenza non rimane che sventolare, sconsolato, la bandiera che da ufficialmente avvio al 38° Gran Premio d’Italia.

Alla Lesmo Brabham è al comando ma ci rimane per poco, in quanto alla fine della prima tornata è Gurney a prendere la testa del gruppo, entrambi inseguiti a ruota da Graham Hill e Jim Clark. Il primo giro lascia sbalorditi tutti, in quanto la velocità media a cui hanno viaggiato è stata di 240 km/orari, è chiaro che nessuno dei pretendenti alla vittoria cederà un singolo centimetro di spazio all’avversario. Ad ogni modo è il poleman del giorno precedente a far vedere che in effetti non aveva ancora dato il massimo: con la sua 49 passa Hill e Brabham, mettendosi in scia alla Eagle di Gurney e riuscendo a sorpassarlo già al terzo giro in entrata alla Parabolica; per evitare che l’avversario possa prendere la sua scia si sposta poi all’esterno, rendendo vano ogni controsorpasso. Al 5° passaggio Clark viaggia con un secondo di vantaggio dopo che il propulsore Weslake di Gurney ha dato segni di cedimento e perde vistosamente olio. Al suo inseguimento ci sono ora Hill, Hulme, Brabham, Stewart, McLaren, Amon e Surtees.

Al giro 12 la sfortuna si abbatte su Clark, che fora la gomme posteriore destra ed è costretto a farsi passare da tutti, rientrando il giro dopo quando ormai è completamente sgonfia. La sosta è abbastanza veloce ma il ritardo accumulato è considerevole, si parla di oltre un giro sul trio Hulme, Brabham e Hill che nel frattempo si danno battaglia scambiandosi costantemente le posizioni senza riuscire a prevalere l’uno sull’altro. Una rimonta dell’inglese pare impossibile. Pare.

Mentre i tempi sul giro di chi è davanti si attestano intorno al minuto e mezzo, Clark gira costantemente più veloce tanto che al 21° passaggio da ultimo è undicesimo e sta agganciando il gruppo di testa per sdoppiarsi, cosa che gli riesce in un paio di giri con una facilità quasi imbarazzante, tanto da mandare in crisi momentanea Brabham, incapace di reggere tale ritmo. Quando passa sotto la linea del traguardo al ventiseiesimo giro la Lotus 49 di Clark stampa il nuovo giro record, che è poi uguale a quello con cui ha conquistato la partenza al palo. Al giro 33 è di nuovo ufficialmente in lotta per la vittoria quando riesce a recuperare la scia del compagno di squadra Baghetti, ottenendo la settima piazza. Nel mentre Hulme si ritira a causa di un surriscaldamento meccanico. La rimonta continua e non passa inosservata agli occhi del pubblico presente, che continua ad incitare l’inglese nell’impresa. Piano piano raggiunge anche Hill e con Baghetti formano un trenino tutto Lotus che tenta di recuperare sul gruppo di testa, ora formato dalla Honda di Surtees, da Brabham e dalla Ferrari di Amon che ancora non ha rifornito.

Al giro 51 il Cosworth di Baghetti cede di botto e ciò fa preoccupare i meccanici Lotus, che non sanno quindi dire se i propulsori gemelli di Hill e Clark reggeranno sino alla fine. Amon si ferma nuovamente ai box per controllare la sua vettura, in quanto avverte delle vibrazioni insolite, perdendo molto tempo che lo farà finire in fondo al gruppo. Al 58° passaggio anche Hill abbandona la gara, sempre a causa del motore V8, mentre Clark continua imperterrito la rimonta, ormai vicina, su Brabham.

Quello che sta compiendo ha del sensazionale e vederlo andare di controsterzo in Parabolica ad ogni giro infiamma la folla. Ormai il duo Brabham – Surtees è davvero vicino. Prima infila la Honda, poi alla Curva Grande (attuale Curva Biassono) l’australiano: è finalmente primo!

Ad ogni modo nessuno dei due inseguitori, dopo tanta fatica, ha certamente voglia di lasciarlo fuggire ed i distacchi non si allungano di molto: a tre giri dalla fine – 65° passaggio – il tabellone recita 3”2 di distacco tra primo e terzo. Ancora due giri, il distacco rimane pressoché invariato, Clark deve tenere duro. Ultimo giro, distacco: un secondo e otto decimi. La Lotus ha dei problemi, il motore è al limite?

No, pare sia la benzina ad essere finita con gran sorpresa di Clark, al quale non rimane che tentare di completare la gara lasciando la vettura andare, rallentando il meno possibile. La testa della gara viene presa per la prima volta dalla Honda di Surtees che ha ancora mezzo giro da compiere e l’arduo compito di tenere dietro di sé Brabham. Sa bene dove tenterà un ultimo attacco, cioè alla Parabolica, con una frenata verso l’interno per poi tagliarlo fuori. Tuttavia Surtees si ricorda che l’interno è sporco d’olio lasciato ancora ad inizio gara dalla Eagle di Gurney e decide di mantenere la traiettoria.

I due attraversano il rettilineo parallelo all’arrivo con Brabham che tallona la Honda, si giunge al momento cruciale: l’australiano non rispetta le attese dell’inglese e si butta all’interno, riuscendo a non scivolare sull’olio. Staccata prepotente per entrambi, che per un istante si trovano con le ruote affiancate, ma poi la traiettoria dà ragione a Surtees che guadagna un piccolo vantaggio in uscita, rimanendo più interno. Brabham si mette di nuovo in scia, è davvero vicino. La linea del traguardo si avvicina sempre più e Surtees spreme a fondo il V12 della sua RA300, voltandosi di lato vede l’avversario ed in cuor suo spera di non essere passato proprio sul finale.

Le sue preghiere vengono esaurite e porta alla seconda vittoria nel mondiale la casa giapponese, terminando con soli due decimi di vantaggio su Jack Brabham: viene festeggiato con scroscianti applausi anche dal pubblico di casa in quanto è stato l’ultimo a portare un mondiale a Maranello. E dopo altri ventitré secondi giunge l’eroe del giorno, Jim Clark, che viene acclamato dalla folla – ormai scesa in pista – al pari di Surtees e Brabham, se non più. Qualche ora dopo i meccanici Lotus, esaminando l’unica monoposto giunta al traguardo, scoprirono che di benzina ve ne era a sufficienza, tuttavia ad essersi inceppato era stato il meccanismo di pescaggio, impedendo all’inglese di terminare in prima posizione. Per molti, ancora oggi, questa fu la sua gara migliore di sempre.

Andrea Villa

 

Fonte immagine: tumblr

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