Hamilton, la responsabilità del campione: dalla rimonta “vintage” all’allarme sui tre motori del 2018…

Le parole del campione del mondo devono far riflettere. La F1 non va snaturata...

Hamilton, la responsabilità del campione: dalla rimonta “vintage” all’allarme sui tre motori del 2018…

Bravo Luigino! Stavolta il quattro volte campione del mondo inglese merita applausi bipartisan per il messaggio sincero, schietto, che rivela un’infatuazione ancora fortissima per lo sport di cui è ormai una vera e propria bandiera. Rispetto al “ragazzino” (cit.) viziato di dieci anni fa, Lewis è ormai maturato, e probabilmente il quarto iride lo ha per certi versi responsabilizzato.

Le parole pronunciate all’indomani della splendida gara di Interlagos segnano quasi una rottura con l’idea del campione dal carattere controverso, eccentrico nei modi e poco incline a socializzare con i colleghi. Ma andiamo con ordine. Il campione britannico in Brasile ha infilato a destra e manca mezzo schieramento, divertendo e divertendosi. Merito della sua guida eccezionale, ma anche, come ammesso in modo sincero, di un motore tutto nuovo, che gli ha dato la possibilità di spingere sull’acceleratore come se non ci fosse un domani, senza essere costretto a “gestire” la complessa power unit.

Mai come stavolta, però, Hamilton ha voluto mandare un messaggio ai vertici FIA, trasformando gli onori ricevuti negli oneri che spettano ad un campione del suo calibro. Più o meno questo il concetto: “Era da tempo che non mi divertivo così, ho potuto sfruttare tutta la potenza del motore. Mi piacerebbe andare al limite ogni singolo giro, mentre l’anno prossimo con soli tre motori dovremo fare ancora più attenzione. Non è stata una grande scelta secondo me. Guardate questa gara, i piloti nelle prime posizioni non potevano spingere come me, quando si parla di futuro si deve anche pensare a situazioni del genere”.

Le ultime parole suonano come una condanna senza appello alla FIA, con Liberty Media che vuole rilanciare la F1 senza però comprendere l’importanza e la necessità di un passo indietro, di un ritorno alle origini. Ecco perché la rimonta di Hamilton acquista un sapore “vintage”, ci riporta ad una Formula 1 che avevamo dimenticato, pronti a impressionarci facilmente per “il ritmo da qualifica tenuto per 71 giri“, dimenticando che gare così tirate hanno rappresentato la norma fino a poco tempo fa, segnando destini e vittorie di fuoriclasse, ma anche di driver meno bravi, perché più la gara è veloce e più si fa selezione. Tre power unit a stagione dal 2018. Già immaginiamo il telecomando dai muretti e le mappature introvabili da settare (povero Kimi che sta ancora cercando C71!), i giri nelle libere centellinati, i casini con le componenti ibride e le griglie di partenze scritte a tavolino con le penalità. Mai la F1 s’era inginocchiata tanto vigliaccamente al progresso tecnologico da arrivare ad abiurare se stessa, alla propria essenza, alla propria missione, che è quella di incantare platee per essere l’emblema della velocità pura.

A farci riflettere, magari a far riflettere chi di competenza, c’ha pensato un simbolo della massima categoria, un pilota che divide le masse, ma che in ogni caso sa come far parlare di sé. Ebbene mai come stavolta Lewis Hamilton ha incarnato il sentimento di tutti e l’ha espresso in poche e appassionate parole. E bisognerà pur dare peso al pensiero di questo figlio del vento stanco di correre con il freno a mano tirato.

Antonino Rendina


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