GP d’Europa – Rosberg fa il vuoto nella noia , Hamilton poco “volante”, Vettel perfetto stratega

Esordio per la F1 nel cittadino di Baku, pista suggestiva ma GP che non passerà di certo alla storia per lo spettacolo...

GP d’Europa – Rosberg fa il vuoto nella noia , Hamilton poco “volante”, Vettel perfetto stratega

Nel GP dei controsensi e degli ossimori succede tutto e il contrario di tutto, ovvero nulla. Vince, stravince, domina passeggiando, gestendo, “giocando”, un Nico Rosberg semplicemente da applausi, tornato agli splendori delle prime gare. Lucido e concreto, sin dalle qualifiche il tedesco non ha avuto problemi a capitalizzare in modo impeccabile l’immenso potenziale della Mercedes su questa pista. Il primo GP di Baku è suo, impreziosito da un Grand Chelem che mette a tacere chi lo voleva vedere in crisi dopo due gare storte.

Ma il tracciato che si snoda nella capitale azera resta una grande operà a metà, un grande “incompiuto”. E’ un cittadino dove si sfiorano velocità massime degne di Monza, tra i muri, totalmente anomalo (se non pericolso), ma al contempo metà pista è un susseguirsi di curve anonime e poco affascinanti. Il risultato è una gara che è stata un mezzo supplizio per gli appassionati, una processione straziante con qualche sorpasso messo lì ad uso e consumo del pubblico grazie al DRS. Spiace dirlo, ed è ingeneroso verso i piloti che hanno versato lacrime e sangue per guidare a quella velocità tra le barriere, ma la prima edizione di Baku è stata una delle corse più soporifere, noiose e scontate degli ultimi anni.

Causa di tutto ciò è ascrivibile anche ad una Mercedes pittata per questa pista, dove contavano allo stesso tempo il motore – e quello di Stoccarda proprio non ha rivali – e il telaio, dato che nelle curve “rette” del centro storico serviva tanta trazione. A divertire il pubblico è stata la pantomima di Lewis Hamilton, fuoriclasse sovente irriconoscibile per l’abilità di perdersi in un bicchiere d’acqua. A tratti imbarazzante il teatrino via radio con il muretto, con Lewis, pilota strapagato e tre volte campione del mondo, perso tra i bottoni del suo volante e incapace di trovare la mappatura giusta per la sua PU, che avendo sofferto un improvviso calo di potenza andava resettata, sistemata. Lo stesso problema ha colpito il dominatore Rosberg, il quale però ha prontamente risolto il problema (con l’aiuto da casa, del muretto, che invece non ha potuto comunicare con Lewis), a differenza del team mate preso dai nervi e intento a girare a caso i manettini – “Ora tocco tutto e vedo” sbraita ad un certo punto Lewis, “No, questo non farlo” gli risponde l’ingegnere, preoccupatissimo – Non una bella pubblicità per il pilota inglese, apparso fin troppo impreparato e sprovveduto nell’occasione. Una riflessione però urge anche per il regolamento contraddittorio; dapprima si consegna la F1 al più esasperato feticismo tecnologico e poi si vorrebbero tagliere fuori quegli ingeneri che sono gli unici che (forse) capiscono qualcosa di queste vetture.

Capitolo Ferrari. La Rossa sembrava dover uscire con le ossa spezzate dalla trasferta azera. Indietro per potenza della PU rispetto a Mercedes e imprecisa nel tratto lento, in più con enormi difficoltà a far lavorare bene le Pirelli (problema grave e ormai costante). Un disastro annunciato, se non fosse che l’unica seria sfidante del Cavallino, la Red Bull, sulla distanza era messa molto peggio per la gestione degli pneumatici, franando in gara dopo la splendida qualifica di Ricciardo. La Ferrari così ha avuto vita sostanzialmente facile in gara, con una macchia però non da poco: gli strateghi del Cavallino hanno di nuovo toppato strategia, chiamando Raikkonen troppo presto ai box e provando ad attuare la stessa mossa con Vettel.

Per fortuna del Cavallino Sebastian è un pilota di rara classe, uno dei pochi ad avere la lucidità e la freddezza, nonché il carisma, per leggere la partita e mettere in discussione le scelte del muretto. La tattica, con l’unica sosta posticipata di una decina di tornate rispetto a Raikkonen, se l’è di fatto scelta lui, ammutinandosi alla sprovveduta chiamata ai box del suo muretto. Un chiaro segnale di come alcune scelte al muretto Ferrari vadano riviste e di come Vettel abbia preso di forza in mano la situazione dopo la fregatura letale subita a Montreal, con una strategia conservativa che solo sette giorni prima l’aveva di fatto messo fuori gioco per la vittoria.

Gara più dura per il solito Raikkonen che proprio non trova pace tra problemi di assetto, l’errore grossolano in gara del taglio dell’entrata dei box, e la difficoltà a gestire le gomme soft a fine gara. Per Kimi un quarto posto senza infamia e senza lode, più utile per i punti portati alla squadra che per il suo personale cammino in campionato. Menzione speciale, però, per la lealtà e la professionalità con cui il finlandese ha lasciato sfilare il capitano Vettel, confermandosi pilota corretto e perfetto team-player. In definitiva il secondo e il quarto posto finali sono un buon risultato per la Rossa, ma Maranello non può essere soddisfatta del ruolo di comprimaria affidatogli da questo ennesimo mondiale targato Stoccarda.

In una selva di annoiati comprimari attenti a non andare a muro, un appiattimento generale che ha riguardato finanche lo spettacolare e funambolico Max Verstappen, a spiccare è stato l’ormai consacrato talento di Sergio “Checo” Perez. Il messicano, a questo punto possiamo dirlo, sta guidando la sua Force India da vero campione. Classe ’89, la classe di Checo, in questi anni intravista a sprazzi, e frenata dalla irruenza giovanile, è espola in tutta la sua forza. Perez è veloce, concreto, ed ha una qualità che difetta a molti suoi colleghi: è un mago a gestire le gomme, riuscendole a far funzionare a suo piacimento. Quando sei incudine, statti. Quando sei martello, batti. E’ così che fa Perez, capace di infilare Raikkonen all’ultimo giro e prendersi un altro magnifico podio in pista, il secondo della stagione. Demolito ancora una volta il pur bravo team mate Hulkenberg. E se il duello in casa dovrebbe dare la dimensione del pilota, be’ allora chi prende Perez oggi fa un vero affare…

Antonino Rendina


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