GP Australia – Ferrari, la fenice rossa che ha dato scacco matto alla Mercedes [VIDEO]

La corazzata anglo-tedesca soffre la squadra italiana, e il successo di Vettel ribalta pronostici e gerarchie...

GP Australia – Ferrari, la fenice rossa che ha dato scacco matto alla Mercedes [VIDEO]

Beffata, fregata, battuta, come non succedeva da tempo, da quasi due anni. La Mercedes al pronti via della nuova F1 s’è riscoperta umanissima, fragile, non più imbattibile. Dalle ceneri di un annus horribilis è risorto il rivale che mette in pista l’emozione del mito, quella Ferrari capace di rialzarsi dalle difficoltà quando meno (te) l’aspetti. L’obiettivo era quello di mordere le caviglie agli anglo-tedeschi, ma l’italianissima Rossa minuto dopo minuto, giro dopo giro, acquisiva la consapevolezza di avere il potenziale per trasformare il pressing in un contropiede vincente.

Il protocollo Hamilton – pole strabiliante, fare il vuoto nei primi giri, gestire la gara con facilità – è saltato quasi subito, quando Vettel si è attaccato all’inglese, senza farlo respirare, affacciandosi negli specchietti. Lewis ha iniziato a vedere i fantasmi, probabilmente s’è innervosito, chiedeva di più alle sue gomme senza ricevere risposte degne di nota. In quegli attimi c’è stato il ribaltone, inatteso. Sarà stata la configurazione particolare di Melbourne, il clima, la cabala, le congiunzioni astrali, ma dopo quasi due anni una Ferrari era più veloce in pista della Mercedes.

Migliaia di discorsi tecnici, congetture, analisi, non riuscirebbero a rendere merito alla bontà progettuale della SF70H. Una vettura guidabile, stabile, reattiva, dolce con le gomme e tosta con il cronometro. Dal (silenziosissimo) lavoro certosino del gruppo coordinato dal primus inter pares Binotto è nata una vettura bilanciata, equilibrata, dalla competitività genuina e naturale. Basti pensare a come la Rossa ha sfruttato le gomme Pirelli, senza soffrire dei noti problemi con la finestra d’utilizzo.

Il resto ce l’ha messo Sebastian Vettel, tornato ad essere il condottiero indomito dei giorni migliori. In Australia abbiamo (ri)visto il miglior Seb, quello del 2015 se non quello degli anni in Red Bull. Il campione tedesco è stato un tutt’uno con la monoposto tra le curve dell’Albert Park, esaltandone il potenziale con una guida precisa e sicura. Quando Hamilton è entrato ai box, Sebastian ha fiutato aria d’impresa, si è scatenato, ha impostato un ritmo inavvicinabile, per poi liberare sotto la bandiera a scacchi tutta la sua gioia. La sensazione è che la SF70H sia la sua Ferrari, lo indica l’affetto, la gestualità, la cura nei particolari. Nella rinascita australiana c’è molto di questo campione innamorato del Cavallino. Manca all’appello Kimi Raikkonen, che ha fatto capire chiaro e tondo di dover ancora stringere amicizia con questa nuova monoposto. Kimi per esprimersi al meglio necessita di un’auto che gli sia cucita addosso, questa per ora porta le misure di Seb, ma è inutile cercare il pelo nell’uovo, arriverà anche il tempo del finlandese.

Alla vigilia del GP era difficile ipotizziare una Mercedes costretta a leccarsi le ferite, un dominatore rimasto al palo, stordito da una furia rossa sbucata fuori all’improvviso. I pugni sul tavolo sbattuti da Wolff sono stati un gesto non solo di rabbia, per l’autogol strategico, ma anche di frustrazione, perché ai box si sono resi conto che, dopo anni, in pista c’era una vettura più veloce della loro. Melbourne ci ha anche detto che per ora è una corsa a due, con la Red Bull terzo incomodo ma in sorprendente ritardo tecnico. Giudizio su Milton Keyes sospeso, non nel senso che non lo diamo, ma che sullo stesso influisce il divieto di usare le cosiddette sospensioni idrauliche, e la RB13 senza potersi abbassare e alzare liberamente tra curve e rettilineo è sembrata una vettura come le altre…

Antonino Rendina


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