GP Abu Dhabi: tris di Rosberg e Raikkonen a podio, ma questa F1 non va!

Gran rimonta di Vettel a Yas Marina, Alonso non ce la fa più. Ma la F1 ha bisogno di emozioni vere

GP Abu Dhabi: tris di Rosberg e Raikkonen a podio, ma questa F1 non va!

I fuochi d’artificio ad Abu Dhabi che spiccano alti nel cielo con luminosa corposità dicono tutto sul GP di Abu Dhabi. Artificio appunto, con una pista insignificante che si snoda all’interno di un ambiente glamour ed effimero, come l’attuale F1, così tanto piaciona e fascinosa quanto priva di contenuto, al netto dei discorsi da maniaci sui manettini e i cavi elettronici, che nulla aggiungono però alla battaglia in pista e allo spettacolo.

La categoria regina ha chiuso l’ennesimo anno lasciando l’amaro in bocca, un senso di incompiutezza non meramente attribuibile al dominio Mercedes. Qualcosa di vero dopotutto c’è: Nico Rosberg, ad esempio, un pilota che merita rispetto per come ha metabolizzato la sconfitta, per aver lavorato su se stesso dopo aver perso la bussola e per poco anche la dignità ad Austin, con tanto di cappellino tiratogli addosso in malo modo da Hamilton. Nico ha saputo reagire, ha dato fondo alla sua rabbia trasformandola in agonismo, tardivo ma pur sempre sincero, inanellando anche ad Abu Dhabi pole e vittoria, come già successo in Messico e Brasile. A Lewis Hamilton non è rimasto che piagnucolare, atteggiandosi ad uomo invincibile senza far valere sull’asfalto i galloni di campione del mondo. Hamilton non ha fatto nient’altro che lamentarsi: dalla squadra che ha aiutato Rosberg, alle modifiche all’auto congeniali al tedesco, fino ai capricci sulla strategia (scegliendo poi da solo quella sbagliata). Lo psicodramma della fragile rockstar è uno degli spunti di interesse del 2016.

L’altro grande punto interrogativo del 2015 è il reale valore della Ferrari, squadra che ha saputo stupire il Circus per il gran recupero fatto in inverno, spaventare la Mercedes e anche batterla, ma in modo sporadico e solo in certe condizioni. Può tirare un sospiro di sollievo Kimi Raikkonen, che chiude in bellezza il mondiale. Ottima la prova di Iceman negli Emirati; terzo in qualifica e terzo in gara, ottimo ritmo, sempre concentrato e capace di chiudere quarto nel mondiale davanti al grande rivale Bottas. Risultato che era il minimo sindacale. Stupiscono le critiche degli incontentabili nei confronti di Kimi; nel 2015 ha fatto (quasi) il massimo, considerando la tanta sfortuna e i ritiri. Davanti a lui in classifica solo i due Mercedes e il compagno di squadra che è un fenomeno. Se poi Raikkonen per essere apprezzato deve dimostrare di saper volare, questo è un altro discorso.

Sebastian Vettel ha chiuso con una bella rimonta il suo mondiale, partendo quindicesimo e arrivando quarto. Saremmo ipocriti però a parlare di una impresa, visto che dopo pochi giri tutte le macchine davanti a Seb erano già al cambio gomme: nella Formula 1 degli pneumatici Pirelli funziona anche così, poca azione in pista, molta azione ai box. Seb, complice una SF15-T seconda solo alla Mercedes, ha messo il pilota automatico e non si è dovuto sforzare più di tanto per avere ragione di Ricciardo e Perez negli ultimi giri. Complimenti alla Ferrari per essere tornata sul gradino più alto del podio, complimenti a Vettel per averci fatto sognare in più di una occasione. Il difficile però viene adesso, con una Mercedes che non si farà recuperare facilmente quei quattro decimi al giro di vantaggio. 

Leggendo la classifica iridata si può scorgere il motivo per il quale la F1 ha un enorme bisogno di tornare ad essere “vera”, vissuta, emozionante. Applausi per tutti, ma a conti fatti resta l’amarezza per un mondiale dai valori tecnici scontati: due Mercedes, due Ferrari, due Williams, due Red Bul e due Force India; così recita la classifica Piloti finale, specchio preciso di quella Costruttori.

Non c’è spazio per l’inventiva, per il talento, per il genio. Solo e soltanto una lunga processione (con soste ai box e sorpassi e controsorpassi telecomandati dall’ala mobile) benedetta dallo sfarzo e dall’opulenza delle artificiose strutture costruite con i petroldollari. Ridateci gomme larghe, puzza di frizioni bruciate, motori rumorosi e prati pieni di tifosi entusiasti come per anni è stato quello della Rivazza a Imola. I piloti ci sono e non facciamoli stancare. Il campanello d’allarme più grave è vedere un campione globale come Fernando Alonso, un mastino irriducibile e vero gladiatore, chiedere alla squadra di ritirare la macchina perché correre non aveva senso. Un pilota di quella levatura che scende dall’auto ed elogia il WEC che, con tutto il rispetto, essendo una categoria “endurance” non dovrebbe essere nemmeno paragonato all’adrenalina e alle emozioni che dovrebbe saper regalare la F1.

Antonino Rendina

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