Ferrari, il dado è tratto ma ora bisogna avere l’umiltà e la forza di ripartire

Si può salvare ben poco di questo 2016, ma il Cavallino deve pianificare al meglio il futuro

Ferrari, il dado è tratto ma ora bisogna avere l’umiltà e la forza di ripartire

“Non chiedermi perché…invece amo te…” così canta Luca Carboni nella sua nuova hit, ma i tifosi della Ferrari, follemente innamorati di una squadra che non riesce più a regalare soddisfazioni al suo pubblico, non possono certo dire di essere “Happy“.

Dopo la “caduta degli dei” di Silverstone, con una Ferrari apparsa in imbarazzante difficoltà, sono iniziati i soliti processi più o meno dovunque. C’è chi ha invitato Marchionne ad assumersi le responsabilità del fallimento e di quegli infausti e sconsiderati proclami di vittoria, c’è chi chiede la testa di Arrivabene, bresciano genuino e spontaneo che però non riscuote simpatie a trecentosessanta gradi. C’è chi poi ha scritto di un Marchionne pronto a far rotolare teste e di un Arrivabene che starebbe già trattando una buonuscita con la Ferrari.

La verità, cruda ed amara, è che quello della Rossa in questo 2016 è stato un tonfo inaspettato, una debacle che ha spiazzato tutti, un passo indietro disarmante. Maranello, se ce ne fosse ancora bisogno, ha riconfermato il proprio ritardo tecnico verso l’attuale sistema Formula 1. Non sapremo mai quanta percentuale di colpa è ascrivibile ai progettisti, quanta alle strutture, quanta all’integrazione tra i vari reparti e ai modelli di gestione del lavoro, ma l’unico dato obiettivo è la Ferrari non eccelle in nessuna delle aree che servono ad essere competitivi in F1: telaio, aerodinamica e motore. E in vista del 2017 nubi minacciose dense di bibita energetica minacciano ancor più il già fragile ecosistema della Ferrari, che dopo l’imprendibile Mercedes dovrà fare i conti con un’altra gatta (toro) da pelare.

Ma questo non vuole essere l’ennesimo articolo-inquisizione-processo alla Rossa. Più che altro un’istanza, una richiesta, un consiglio amichevole. La Ferrari cambi approccio, metta da parte l’orgoglio da parte e riparta dal basso, pianificando il riscatto a lungo termine.

Sbaglire, fallire, anche clamorosamente, fa parte della fallace natura umana, non è un crimine da perseguire e i “colpevoli” non vanno mandati al patibolo. La Ferrari è come una squadra di calcio che sotto di due gol contro un avversario più forte, s’è riversata tutta in attacco e ha beccato la goleada in contropiede. C’hanno provato eccome a Maranello, e gli ha detto malissimo, essendo la SF16-H sbilenca, incostante, nervosa.

Marchionne e Arrivabene dovrebbero convocare una conferenza stampa, scusarsi con i tifosi per l’eccessivo ottimismo dimostrato in inverno, accettando il verdetto severo ed inappellabile della pista. Dopodiché la Ferrari dovrebbe lavorare alacremente su un doppio binario:

Marchionne dovrebbe utilizzare tutte le sue capacità e carisma di esperto manager di automotive per imporre in Federazione il peso politico della Ferrari, restituendo al Cavallino un ruolo centrale in F1 e non quello di remissiva ancella (o sparring partner da prendere a cazzotti) di squadre perlopiù prive di storia. La vera partita si gioca lì, ed è il ritorno ai test privati, alla libertà regolamentare, magari alla fine del regime della monogomma.

I vertici del Cavallino dovrebbero impegnarsi in un mercato tecnici senza precedenti, provando a prendere i migliori sulla piazza per trasformare la Ferrari in quella macchina da guerra che è stata all’inizio del ventunesimo secolo. Serve un segnale forte di discontinuità, un potenziamento dell’organico che sia tale da spaventare i rivali, ormai abituati a danzare sui resti di una Ferrari inconsistente. Bisogna colpirli in casa, strappandogli i pezzi migliori.

Non è il momento di tagliare teste, ma di aggiungerle, non è più consigliabile sbilanciarsi o andare avanti per slogan, ma bisognerebbe essere chiari ed onesti con gli appassionati. Fa male constatare come la vettura del 2015, quella “pensata” da Tombazis, sia stata più efficiente della 2016, la prima del “nuovo corso”. Qualcosa non è andato per il verso giusto – dal turbo sbagliato al telaio che non lavora bene – e la Ferrari deve prenderne atto con la giusta dose di umiltà. Solo dalla presa di coscienza dei propri errori si può costruire, nel tempo, un futuro importante e magari vincente, tutt’è avere la forza di ripartire (quasi) da zero.

Antonino Rendina


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