F1 | Fernando Alonso, un samurai senza più katana

È così che deve sentirsi, soprattutto dopo l'ennesimo fallimento della sua (McLaren) Honda che, in realtà, di spirito e cultura giapponese dovrebbe più che intendersi. O almeno cercare di salvarne l'onore

F1 | Fernando Alonso, un samurai senza più katana

Un campione che non vince più, un samurai che non ha più un daimyō, il suo feudatario.

È così che deve sentirsi Fernando Alonso, soprattutto dopo l’ennesimo fallimento della sua (McLaren) Honda – a pochi chilometri dalla bandiera a scacchi del Gran Premio del Canada che poteva valere il primo punto iridato per il team – che, in realtà, di spirito e cultura giapponese dovrebbe più che intendersi. O almeno cercare di salvarne l’onore. Gia, perché è proprio l’onore quello che la katana, la spada giapponese dei samurai, va a rappresentare insieme alla wakizashi, un’altra arma più piccola, nella combinazione tanto temuta quanto rispettata chiamata daishō.

Non servirà forse più a niente quel samurai colorato che giganteggia sulla schiena possente di chi, ormai, sorride solo a favore di camera, per trovare in uno sguardo, quello di chi è dall’altra parte del teleschermo, un abbraccio virtuale che non esprime più felicità e orgoglio, quanto invece vicinanza ed empatia. Perché Fernando, dopo i suoi successi e le emozioni che ha regalato anche a chi l’ha sempre odiato ma perlomeno rispettato, ha esaurito le parole, le idee, le scuse, le genialate. Come l’ultima, quella di domenica pomeriggio – sera, per noi. Quando lo spagnolo, dopo aver abbandonato la carcassa della sua pseudo-macchina – e non sembrano essere molto lontani i tempi della “GP2 Engine, GP2!” – si è buttato tra la folla come la migliore delle rockstar e ha lanciato, ai tifosi entusiasti e increduli di avere un 2 volte campione a pochi centimetri, i suoi guanti, ricevendo baci, applausi e servizi fotografici 2.0. Chissà in che visibilio saranno andati proprio loro, i più fortunati, che almeno potranno vantarsi con i propri amici e ricevere il record di like nella storia di Facebook.

Perché i campioni, alla fine, fanno così. E fanno anche bene. Regalano spettacolo, divertimento e simpatia; riescono a trovare sempre il buono quando il buono neanche si intravede. E sono una manna dal cielo anche per chi, in realtà e in maniera forse meschina, vive di immagini, diritti, share, denaro. Sicuramente il suo stipendio milionario avrà a volte alleggerito il peso delle sconfitte. Ma, chissà, magari lo vedremo un giorno in un qualche one-man-show a condurre, ballare, imitare, recitare proprio come fanno i grandi personaggi della tv.

I samurai non si arrendono, al massimo tolgono la yoroi – l’armatura – e la appoggiano sul comodino in attesa di sogni migliori. E poiché può essere personalizzata con gli stemmi di appartenenza ai clan o con quelli di identificazione personale, chissà se Alonso ci disegnerà un bel corno. Che non si sa mai.

Fabiola Granier

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